COME E’ CAMBIATA LA NOSTRA VITA GRAZIE ALL’INCONTRO CON GESÙ SACRAMENTATO Quando io e mio marito abbiamo cominciato a frequentare la cappella per l’adorazione perpetua non era certo per noi un buon periodo. Era il mese di aprile 2016 e mia mamma sia era ammalata. Da molto tempo cercavamo di curarla in casa, ma siamo stati costretti al ricovero in ospedale. Scoprimmo la cappella per puro caso, grazie ad indicazioni di amici e prendemmo l’abitudine di recarci quasi ogni sera, dopo l’uscita dall’ospedale. Spesso non avevamo la forza di elevare a Dio la nostra preghiera, ma rimanevamo attoniti davanti alla teca del Santissimo in una attesa sospesa con cuore e mente come svuotati. Presto, però ci accorgemmo che quei pochi momenti passati in contemplazione, bastavano a ridarci carica ed energia, bastavano a riequilibrare il giorno vissuto nella sofferenza e nell’angoscia della malattia. Le nostre visite al Santissimo ci donavano, inconsapevolmente, una grande pace interiore e, a poco a poco sentimmo sempre più forte il bisogno di avvicinarci alla preghiera ad alla contemplazione. Divenne un impegno: mio marito chiese un turno di adorazione ed io lo accompagno volentieri. Tuttavia le vicende personali non dipingevano un quadro roseo ed uno scenario di gioia e letizia: non c’era solo la malattia di mia mamma che assorbiva molte delle nostre energie, ma anche la perdita del lavoro di mio marito, grosso rospo da mandare giù non solo per il momento infausto, ma anche perché questo licenziamento è avvenuto senza motivazione, senza appello ed all’improvviso, dopo più di ventidue anni di servizio senza demerito (non dirò di che Ente si tratta, per evitare a chi legge di pensare che gli aguzzini si celano sotto spoglie di facciata). Abbiamo provato e sperimentato la precarietà dei rapporti umani e delle amicizie precarie che si dissolvono per incomprensibili ragioni. Al licenziamento di mio marito sono conseguite il dileguarsi di molte persone, tutti preoccupati di non esporsi troppo, tutti molto felici di salire sempre sul carro del vincitore. Tra questi due compagni accomunati da amicizia pluridecennale. Subire il trauma dell’abbandono non è certo esperienza lieve, soprattutto per chi crede nei valori che nulla hanno a che vedere con l’interesse e gli intrighi di palazzo. Altra questione molto delicata fu la nostra richiesta di adozione presso il Tribunale dei Minori, richiesta che è stata, dopo quattro lunghissimi anni carichi di lacrime e sangue, rigettata con la dicitura: “non idonei ad accudire un bambino/minore”, sentenza avvalorata da un cumulo infinito di falsità. Non ultimo ci fu il concorso (io sono un insegnante) che non ho superato per un puro cavillo burocratico, una questione di lana caprina. In breve tutte le cose che si erano abbattute nella nostra vita ci portavano ad uno stato di aberrante impotenza, un senso di frustrazione. Tutto veniva vissuto come un fallimento personale, la vita era sentita come un labirinto senza via d’uscita. Eppure, anche a fatica, anche con qualche inciampo, abbiamo continuato a mantenere fede al nostro impegno di preghiera e le visite periodiche al Santissimo. Dalla prima visita alla cappella dell’Adorazione Perenne ed in poco più di un anno, i cocci della nostra vita si sono ricomposti come in un puzze e, contemporaneamente, tutte le negatività che ci opprimevano, si sono dissolte come nebbia, ma come in tutti i puzzle, il quadro della situazione ci è stato chiaro solo quando la visione è stata d’insieme e non parziale. Solo allora ci siamo resi conto che il Signore, l’Onnipotente aveva aperto strade dove non c’era neppure un sentiero, aveva trovato soluzioni da noi neppure preventivabili. A noi è bastato solo fare un atto di fede, di fiducia, di affidamento al Signore e Lui ha operato in noi compiendo grandi meraviglie. Dio non ci ha concesso quello che noi abbiamo chiesto, ma ciò di cui avevamo bisogno. Il miracolo più grande, più evidente è stata la nascita del nostro bambino, dimostrazione inequivocabile della onnipotenza di Dio: quando tutti i medici ci dicevano di non avere speranze di concepimento, quando l’equipe di un tribunale ci etichetta come “non idonei” ad occuparsi di un bambino, quando persino i nostri confessori ci dicevano: “rassegatevi” ecco che Dio, a dispetto di tutti, ci dona il bene più prezioso: la vita e lo concede ad una mamma avanti negli anni, ad un papà umiliato e reietto, una coppia sicuramente non perfetta. Qualcuno disse:” per chi non crede ogni miracolo è piccola cosa, per chi crede ogni piccola cosa è miracolo!”. Che il nostro bimbo sia un dono dal cielo è fuori di dubbio e Dio concede solo regali ineguagliabili, singole meraviglie di perfezione, ma se ciò non fosse sufficiente, abbiamo avuto molto altro in dono. Per molto tempo ci siamo abbarbicati alle esperienze negative, alle cattiverie subite, ai torti ed alle angherie e solo con molto, troppo ritardo ci siamo accorti che Dio non le aveva ne tolte ne compensate, ma solo sostituite: la morte di mia mamma ha lasciato un grande vuoto, ma non siamo rimasti soli, a mio marito è stato tolto un lavoro umiliante e stentato, ma ne ha ottenuto uno autonomo e appagante, il mio concorso si è risolto positivamente. Onestamente non credo che Dio abbia guardato alla nostra fede spesso fallace, alla nostra preghiera spesso inefficace, alle nostre azioni roride di peccato, ma abbia contato le nostre lacrime nessuna delle quali è arrivata a terra perché una mano gentile, quella della Madonna Immacolata, le ha raccolte. Letizia e Davide |
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