|
||
Agrigento 15 aprile 2018 “L’Eucaristia giovinezza della Chiesa” Carissimi fratelli e sorelle buongiorno e ben arrivati, ben trovati a tutti. E’ gioia comune vivere questa giornata nella luce del Risorto: “Venne Gesù stette in mezzo a loro e disse: pace a voi” (Gv.20,19). Il tema che si è scelto per questo primo momento del nostro ritrovarci è: “L’Eucaristia giovinezza della Chiesa” legato al sinodo dei giovani che la Chiesa intera sta vivendo e sta preparando e che ha per tema: “fede e discernimento vocazionale”. Preghiamo perché lo Spirito Santo soffi abbondantemente su questa comunità, come soffiò un tempo sulla piccola comunità di Gerusalemme, perché i nostri cuori si infiammino di fede, di luce, di ardore per continuare a far risuonare in noi e nelle nostre comunità la sua freschezza per contribuire a rinnovare la Chiesa. Proviamo, aprendo questa giornata di trasferirci spiritualmente e misticamente nel Cenacolo con Maria e che sia una giornata di pentecoste, o meglio di carismi, di luci. Tale che possiamo ripetere come il celebrante un tempo con la comunità accostiamoci all’altare del Signore, (Sal 42, 1.3-4) "ad Deum qui laetificat juventutem meam" “al Dio che rallegra la mia giovinezza”. Lui è colui che rende giovani noi qui, suo sacramento e suo corpo mistico, in forza del Battesimo in quel triplice dono di essere popolo regale, profetico e sacerdotale. Da qui il segreto dell’Eucaristia, giovinezza della Chiesa e di noi stessi. Uno degli ultimi documenti che la Chiesa ci ha regalato il 15 maggio del 2016, a tutti o tanti di voi è noto e porta il titolo – Iuvenescit Ecclesia- , la chiesa è giovane. E’ un dono speciale questo nostro convenire in questa domenica, successiva alla festa della divina misericordia. E’ un piccolo contributo che si vuole offrire al cammino sinodale della Chiesa, che il prefetto del sinodo, il cardinale Baldisseri, ha voluto definire, “la giovane chiesa del terzo millennio”. E’ sotto i nostri occhi la cronaca quotidiana della politica, della famiglia, della scuola, della stessa identità maschile e femminile, nella nostra Italia e quindi della Sicilia, peraltro decantata dalla storia, a partire dai greci fino agli ultimi occupanti –arabi-normanni-spagnoli, isola di luce e d’oro, fu chiamata, Sicilia bedda. Ci troviamo in una zona ridente della Sicilia, nel sud occidentale che, guarda caso, si affaccia sul bacino mediterraneo dove in questi ultimi anni abbiamo visto tante vittime, sofferenza e nel contempo anche eroismi e gesti di generosità (Lampedusa). La nostra è una terra ricchissima di storia, dove il cristianesimo, subito dopo Siracusa, Catania e Messina, col passaggio di Paolo e compagni, si è inculturato e diffuso a macchia d’olio, e dove santi come Gerlando, dei primissimi secoli, insieme con Agata, Lucia, Febronia e tante altre giovani generazioni hanno irradiato con la testimonianza eroica e con sapienza e tenacia questa terra. Qui siamo nella terra dove una splendida e bellissima ragazza: Rosalia di Santo Stefano di Quisquina, la cui giovinezza, fa ancora risplendere non solo Palermo ma tutta la Sicilia e la chiesa del bacino mediterraneo. La chiesa è nata giovane, la chiesa resta giovane nonostante le rughe e le piaghe, di cui parlava Rosmini, però diamo ragione all’autore della Apocalisse che ci dice: “Io faccio nuove tutte le cose”. Siamo qui per verificare il cammino che Dio ci ha fatto percorrere, lasciatemi dire, in questo cammino pasquale, come il popolo eletto uscito dopo secoli dalla schiavitù egiziana, e in questo percorso, se volete esodo pasquale, noi continuiamo a vivere nel deserto, non più di una terra promessa, ma in attesa di quei cieli nuovi e terre nuove. Si perché l’Eucaristia, non più la manna del deserto, è anticipo di quella promessa che Gesù ci ha dato, “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. Questa è la potenza dell’Eucaristia, questa è la forza che ci viene data da chi si è donato a noi, per entrare in questa perenne giovinezza dello Spirito. Siamo qui a sentire il soffio dello Spirito, talora come Elia stanco, dopo aver camminato per 40 giorni sino all’Oreb, spesso delusi, amareggiati, disperati, come se fosse scesa una notte, che pensatori e santi hanno chiamato “la notte di Dio” o meglio “la notte dello Spirito”. Così è avvenuto ai dodici prima e dopo l’evento pasquale, quando costernati erano alla sequela di Gesù e a loro si era unita la folla, anzi, cinquemila. Costernati e affamati chiesero a Gesù come faremo a sfamare questa folla? Carissimi, la storia si ripete, non ci illudiamo, si coglie da ogni dove, soprattutto dai giovani, questa morte morale ma anche economica e sociale. Palpiamo con mano noi cristiani che la nostra terra, che i sociologi chiamano villaggio globale, sta vivendo un cambiamento radicale del passato e del presente. Papa Francesco l’ha detto più volte che la nostra epoca, si salverà e perciò stesso, la nostra storia, se ci metteremo in cammino, se proveremo ad avere il coraggio di uscire, come il popolo ebraico per andare incontro ai nostri fratelli, a chi bussa, a chi ha fame, a chi non ha e non è più un uomo. Lui è capace ancor oggi di ripeterci “venite a Me voi tutti che siete stanchi e affaticati, ed Io vi ristorerò. Come Elia che si voleva lasciare morire ai piedi dell’Oreb e Dio gli dice, tramite l’angelo, “mangia e bevi l’acqua che ti dò perché devi ancora camminare”, così anche noi, oggi, vogliamo ascoltare le stesse parole di Gesù alla samaritana. E qui conviene in questa seconda parte metterci in grande ascolto. Lasciamo che sia Gesù a passarci accanto, come nelle grande assemblee, in quei santuari come Lourdes, Fatima, Medjugorje e lo contempliamo, silenziosi e rapiti e che ci ripeta “non abbiate paura, Io ho vinto il mondo”. Il Concilio Vaticano II al n.4 della Lumen Gentium così afferma: “Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo [3]. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: « Vieni » (cfr. Ap 22,17).” (Dalla Lumen Gentium n. 4. ) Mettiamoci alla scuola di Gesù: l’Eterna Giovinezza In questa seconda parte dobbiamo ritornare, soprattutto col cuore, alla scuola dell’Amore, Si. Perché si tratta che Gesù, nella dinamica dei suoi rapporti, vuole andare in profondità. Io, voi, siamo qui perché Lui ci ha dato un appuntamento. L’appuntamento all’Amore, quello che stiamo ascoltando per scegliere la parte migliore. Chi capì, tra le prime mistiche ma chiamiamole “adoratrici” furono Teresa d’Avila, che in uno slancio d’amore, in chiave poetica, nel suo colloquio davanti a Gesù Eucaristia scrisse: da sposa dell’Anima: “amor con amor si paga”. Stare davanti a Gesù i cui momenti, le cui ore, le cui giornate, le cui notti, davanti a Lui diventano eterne. Cioè tutti noi siamo qui e tutti, spero tutti, avete fatto tesoro di quell’esperienza di un Tu per Tu con Gesù, perché Lui è il nostro tesoro, o meglio, è il nostro Sposo. Tre secoli più tardi, qualche anno prima di morire, una giovane discepola e figlia, anch’ella carmelitana, di Teresa La Grande, la piccola Teresina di Lisieux, dotata di talenti artistici, poetici, traduceva questa dottrina cantando: “morir d’amore o qual martirio santo, ed è ben quel che io vorrei soffrir”. Siamo qui per ripetere e vivere questa esperienza, Lui il Maestro, ci ha chiamati in disparte, così come io e voi, nei vostri cenacoli, nei vostri tabernacoli, Gesù ci ripete: “non c’è amore più grande di Colui che dà la vita l’un per l’altro”. Ma cosa fanno queste murate vive nei vari monasteri, donne, uomini, vergini nella più grande contemplazione se non quello di allontanare il maligno, di frenare l’ira e la giustizia di Dio in questo mondo perverso. Non basterà mai un grazie per il dono della chiamata di voi e di me e con me altri confratelli qui presenti, perché Gesù, ci ha dato un appuntamento definitivo: quello di sceglierLo, come l’Unico Tutto, l’Unico e Solo, perché non possiamo non amare Lui e non possiamo restare nell’eterna giovinezza se Lui non è l’Unico e solo Sposo della nostra anima. Non è detto che devono amare e adorare Lui solo le suore, i frati, i preti, i consacrati e le consacrate. Quando siamo stati battezzati, lo sapete che è scesa tutta la Trinità, cioè è sceso il Cielo, il Paradiso. Quando i santi pregavano e pregano, penso anche i mistici contemporanei, erano rapiti. Per questo noi non ci stanchiamo, per questo siamo qui a vivere questa perenne giovinezza dello Spirito. Guardate, io sono prete, da 38 anni, né vedo tanti, tanti, dico tanti, vado in giro in tutte le ore e in ogni dove, ma quando incontro delle anime anche stagionate, vecchiette, ammalati, mi trasmettono il contagio della verginità di Dio. Sono, purtroppo, spesso chiamato ad incontrare: ragazze, giovani e giovani coppie in profonda crisi, vi assicuro che ne intravedo la pesantezza, l’inquietudine, scusatemi, purtroppo quella decrepitezza, cioè vecchiaia, scusatemi, quel vecchiume che traspare anche al di sotto dei 20 anni. L’assenza di amore con Gesù, diceva S. Agostino, ci fa invecchiare, perché solo l’Amore con la A maiuscola ringiovanisce. Osservate attorno a noi il mondo in cui siamo immersi: la famiglia, la scuola, la cultura, i mass media e tutti i mezzi di comunicazione, sono fonti di notti di buio, di vizio, di solitudine, di disperazione, insomma, sono le fonti della morte e non della vita. Sono, a dire di Paolo, quell’uomo vecchio sul quale e per il quale, il lievito di risurrezione è ormai scipito. Non raramente, osserviamo le nostre comunità, le nostre parrocchie, le nostre strutture curiali e parrocchiali che respirano vecchio, in cui si tocca, al dire di Papa Francesco, non l’odore delle pecore, cioè di fratelli e sorelle che voglio essere accolti, accarezzati, puliti, come ha fatto Gesù con la pecorella smarrita. Spesso siamo chiusi nei recinti e non raramente questa chiesa respira come se fosse vecchia, stanca, perché non sente la voce di quell’angelo che dice, rapito, “Io faccio nuove tutte le cose”. Ora ascoltiamo che cosa Gesù ci dice, come fosse la prima volta, che vuol dire seguire, imitare, pregare e contemplare: Chiamata dei primi quattro discepoliIo lo chiamerei, col vostro permesso, la chiamata dei primi adoratori, n.d.a.18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. 19 E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». 20 Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. 21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. 22 Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. Mt. 4:18-22 Come adoratori, con Maria siamo chiamati a scegliere la parte migliore. Guardate che la parte migliore è GESU’ – quando si è davanti a Gesù il tempo corre veloce, così mi ha detto un confratello a me tanto caro. Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta». Marta e Maria (Lc 10,38-42)
“Ci prepariamo all’ascolto, con i tre passi del Figlio Prodigo, i tre passi salutari da compiere in ogni crisi: rientrare in sé, chiedere perdono, e tornare a casa.” (padre Ermes Ronchi) 11 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane di loro disse al padre: "Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta". E il padre divise fra loro i beni. 13 Pochi giorni dopo il figlio più giovane, raccolta ogni cosa, se ne andò in un paese lontano e là dissipò le sue sostanze vivendo dissolutamente. 14 Ma quando ebbe speso tutto, in quel paese sopraggiunse una grave carestia, ed egli cominciò ad essere nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi con uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16 Ed egli desiderava riempire il ventre con le carrube che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava. 17 Allora, rientrato in sé, disse: "Quanti lavoratori salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io invece muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te; 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi lavoratori salariati". 20 Egli dunque si levò e andò da suo padre. Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 E il figlio gli disse: "Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". 22 Ma il padre disse ai suoi servi: "Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi. 23 Portate fuori il vitello ingrassato e ammazzatelo; mangiamo e rallegriamoci, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E si misero a fare grande festa. 25 Or il suo figlio maggiore era nei campi; e come ritornava e giunse vicino a casa, udì la musica e le danze. 26 Chiamato allora un servo, gli domandò cosa fosse tutto ciò. 27 E quello gli disse: "È tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano e salvo". 28 Udito ciò, egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. 29 Ma egli, rispose al padre e disse: "Ecco, son già tanti anni che io ti servo e non ho mai trasgredito alcun tuo comandamento, eppure non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma quando è tornato questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi beni con le meretrici, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato". 31 Allora il padre gli disse: "Figlio, tu sei sempre con me, e ogni cosa mia è tua. 32 Ma si doveva fare festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». Luca 15,11-32 Con il brano che ascolteremo vogliamo riannodare i fili del nostro rapporto sposale con Gesù? “Gesù siede stanco al pozzo di Sicar; giunge una donna senza nome e dalla vita fragile. È l'umanità, la sposa che se n'è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare. Perché il suo amore non è stanco, e non gli importano gli errori ma quanta sete abbiamo nel cuore, quanto desiderio. Questo rapporto sponsale, la trama nuziale tra Dio e l'umanità è la chiave di volta della Bibbia, dal primo all'ultimo dei suoi 73 libri: dal momento che ti mette in vita, Dio ti invita alle nozze con lui. Ognuno a suo modo sposo. Dio non chiede, dona; non pretende, offre: Ti darò un'acqua che diventa sorgente. Una sorgente intera in cambio di un sorso d'acqua. …Con una finalità precisa: che torniamo tutti ad amarlo da innamorati, non da servi.” (Ermes Ronchi 19.03.2017) La samaritana Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché‚ non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né‚ su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché‚ la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché‚ il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”». (Gv. 4, 1-26) In questo brano c’è il segreto della vita e della giovinezza spirituale. Ascoltiamolo come fosse Gesù a parlarci. “Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. E voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e poi secca: poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto”. Gv. 15, 1-11 Io sono il pane della vita Stiamo leggendo un brano ormai stra-notissimo, direi usurato, visto che parliamo sempre di Eucaristia. Lo capite che il pane di Vita, cioè l’Eucaristia è Gesù, non è un pane benedetto o memoriale di luterana o riformata memoria. E’ Lui, è la Vita, l’Eucaristia ci trasforma, diciamolo meglio, ci ‘Eucaristizza’, cioè ci trasforma, ci trasfigura. Lo insegniamo noi preti e i catechisti. Ci ‘transustanzializza’, lo sapete che significa? Ci trasferisce in Gesù, ma in Gesù vero, non solo quello storico o della fede, il Gesù della Trinità. Ma lo sapete chi è la porta che ci fa entrare? E’ proprio Lei: MARIA. E se Gesù è corpo, sangue, latte dell’Immacolata, quando partiamo, noi lo chiamiamo viatico, ma che viatico, siamo già nell’eternità di Dio. Viviamo la giovinezza di Dio, questo è il segreto del nostro appuntamento con Lui in qualsiasi ora del giorno. Che dono fratelli e sorelle! 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. (Gv. 6,48-57) Ora si che dobbiamo sederci, anzi entrare nel Cenacolo, ascoltare e gustare, come fosse la prima volta, questo cibo degli Angeli, questa Eucaristia anticipo di risurrezione e di paradiso: 17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. 18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: “In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. 19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: “Sono forse io?”. 20Ed egli disse loro: “Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!”. 22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. 25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio”. (Mc 14,17-25)“Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo, a lui siamo diretti” (LG.3). Ora vorrei presentavi una piccola antologia del rapporto di alcuni santi particolarmente legati all’Eucaristia. I Santi sull’ Eucarestia Che cos’è il pane consacrato? Corpo di Cristo. E che cosa diventano coloro che si comunicano? Corpo di Cristo. Non molti corpi: un Corpo solo, quello di Cristo. (San Giovanni Crisostomo) Cristo è presente. Lo stesso Cristo che una volta fece preparare la tavola alla Cena, ha preparato questa, per voi. (San Giovanni Crisostomo) Se andate alla presenza di Gesù nell’Eucaristia, può darsi che all’inizio non vi troviate molto bene: infatti il demonio, che ben conosce il gran vantaggio che ne ricavano le anime, vi causerà turbamenti ed affanni nel cuore. Vi darà anche a credere che trovereste più utilità spirituale in altre pratiche di preghiera che non in queste. Non fategli caso. Dimostrate al Signore che lo amate. Sono poche le anime che Lo seguono anche nelle sofferenze: seguiamolo almeno noi, soffrendo qualcosa per Lui. Non mancherà di compensarci con la sua gioia. (Santa Teresi d’Avila)
Gli amici provano tanta gioia nello stare insieme, che trascorrono tra loro delle intere giornate. Chi non ama Gesù Eucaristia invece, si annoia alla sua presenza; i santi hanno trovato il paradiso, davanti al SS. Sacramento. (Sant’Alfonso)
Quando il Signore, per mezzo della santa Comunione, ha preso possesso anche una sola volta di un cuore, vi lascia un ricordo indelebile e le tracce del suo passaggio. È una terra conquistata da Gesù, dove Gesù ha regnato, sia pure per pochi giorni. (San Pier Giuliano Eymard) Nostro Signore non viene in noi, nella Santa Eucaristia, per premiare le nostre virtù, ma per comunicarci la forza necessaria a diventare santi. (San Pier Giuliano Eymard)
Quando sono vicina al Tabernacolo, non so dire che una sola cosa al Signore: “Mio Dio, voi sapete che io vi amo”. E sento che la mia preghiera fa piacere a Gesù. (Santa Teresa di Gesù Bambino) “O mio Gesù, rinsalda le forze della mia anima, in modo che il nemico non si avvantaggi in nulla. Senza di Te sono la debolezza personificata; senza la Tua grazia, che sono mai se non un abisso di miseria? La miseria è la mia proprietà personale. O Ferita della Misericordia, Cuore di Gesù, nascondimi nella Tua profondità come una minuscola goccia del Tuo proprio Sangue e non farmi uscire da lì per l’eternità. Rinchiudimi nelle Tue profondità e Tu stesso insegnami ad amarTi. O Amore eterno, plasma Tu la mia anima, in modo che sia capace di corrispondere al Tuo amore. O Amore vivo, rendimi idonea ad amarTi eternamente, poiché voglio corrispondere al Tuo amore per tutta l’eternità. O Cristo, un Tuo sguardo per me è più prezioso che migliaia di mondi, più di tutto il cielo. Tu, Signore, puoi rendere la mia anima tale che sappia comprenderTi quale sei in tutta la Tua pienezza” (p. 536). La spiegazione di Gesù a Padre Pio sulla Santa Messa. (tra il 1920 e 1930) L’Ostia è Gesù stesso, umiliato per l’intero genere umano. Il Calice è Gesù Stesso, che riporta il Suo sangue agli uomini, nutrito con ogni promessa di Salvezza. E’ per questa ragione che Gesù, rivolgendosi a Padre Pio, gli confessa il suo disappunto per quanto gli uomini sappiano rivelarsi non solo ingrati, ma peggio, indifferenti nei confronti del suo sacrificio e del suo riviverlo ogni giorno, in ogni Messa. L’Altare, secondo la spiegazione che fornisce Gesù al frate di Pietrelcina, è il riassunto di due luoghi fondamentali nella vita di Gesù, il Getzemani ed il Calvario: l’Altare è il luogo in cui rivive Gesù Cristo. Dovrebbe suscitare emozioni particolari, come quando immaginiamo di ripercorrere in Palestina le stesse strade che calcò Gesù duemila anni fa. Perché proiettare queste emozioni sul passato, quando si può avere Gesù di fronte a sè in ogni ora, in ogni chiesa? “Portate i vostri cuori sul corporale santo che sorregge il Mio Corpo; tuffatevi in quel Calice divino che contiene il Mio Sangue. È lì che l’Amore stringerà il Creatore, il Redentore, la vostra Vittima ai vostri spiriti; è lì che celebrerete la gloria Mia nell’umiliazione infinita di Me stesso. Venite all’Altare, guardate Me, pensate intensamente a Me”. l'Eucarestia nella vita di Madre TeresaIl suo amore per l'Eucarestia l'ha spinta a essere sulla croce con Cristo per essere spezzata e data agli altri in modo che possano avere vita in abbondanza. Questo amore l'ha chiamata anche ai piedi della croce delle nostre sofferenze, fratelli e sorelle sui Calvari dei tempi moderni. Noi abbiamo visto con quanta grandezza d'animo la Madre ha risposto a queste chiamate e questo ci ha incoraggiate ad imitarla. La nostra vita come Missionarie della Carità e il nostro lavoro di amore tra i più poveri dei poveri sono il prolungamento del sacrificio eucaristico che abbiamo offerto. Adoriamo Gesù nell'Eucarestia e lo serviamo e amiamo negli altri e nei più poveri dei poveri. Madre Teresa ricordava che "quanto più tenero è il nostro amore per Gesù, pane di vita nell'Eucarestia, tanto più tenero sarà il nostro amore per Cristo assetato nei più poveri dei poveri". La Madre diceva anche che "Gesù si dona a noi attraverso l'Eucarestia per saziare la nostra fame e la nostra sete di Dio, Egli viene a noi nei più poveri dei poveri, come l'affamato, l'assetato, il senza casa, il malato, il moribondo, il non amato e l'indesiderato, per darci l'opportunità di saziare la Sua sete nel nostro amore". Ogni mattina Madre Teresa trascorreva con noi almeno due ore davanti al Santissimo Sacramento in preghiera e in meditazione e un'ora nel pomeriggio in adorazione; questo la riempiva di luce, amore e energia per riconoscere, amare e servire Gesù nei poveri. La cappella dell’Adorazione perpetua di S. Stefano di Camastra è dedicata alla beata Maria Madre Candida dell’Eucaristia, vi voglio offrire alcuni suoi pensieri. Beata Maria Madre Candida dell'Eucaristia Maria Candida dell'Eucaristia (1884-1949)
"Ho
tutto in Lui! E’ Lui il mio Sole". Guardami o Signore, e fa che io possa essere la tua Ostia viva O Santa Eucaristia, Tu mi fai morire per meglio vivere.
Gesù desidera d'essere ricevuto dalle anime, non solo sotto le specie eucaristiche, ma ogni istante, sotto le apparenze di contrarietà, di contrasti, di pene! Un giorno senza Comunione può paragonarsi ad un giorno senza sole senza pane, senza sorriso, senza riposo. Prega perché ciò non avvenga mai per tua colpa.
Quella: piccola Ostia sarebbe capace d'incendiare il mondo: incendi anche te! L'Eucaristia è una fiamma: gira sempre amorosamente intorno a questa fiamma, o piccola farfalla eucaristica finirai col cadervi dentro e rimanervi incenerita. Tutto troverai in quella piccola Ostia, perché li è il Tutto. E' leva per innalzarti a santità, scintilla per incendiarti, lavacro alle tue macchie, supplemento alle tue deficienze, porta che ti introdurrà in Cielo. don Tonino Bello ("Lettera ai giovani") "Vivete la vita che state vivendo con una forte passione!" … Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete...cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri. Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima.
…Il mondo ha bisogno di giovani critici. Chiara Lubich ai giovani Guardiamoci un po' intorno, giovani (gen), e osserviamo insieme a quali pazzie d'amore è stato spinto il nostro Dio per amore di noi. Guardiamo se nel mondo c'è traccia di questo suo amore, se c'è segno della sua presenza. Cerchiamolo non per la sola costatazione di una verità, non per una curiosità pur buona, ma per appressarsi alla sua presenza, per esporsi al suo sole, per lasciarsi illuminare dalla sua sapienza e infuocare dal suo spirito. Se così faremo lo possederemo sempre di più e informeremo di lui a tal punto la nostra vita da poterlo traboccare sugli altri. Dove egli appare più evidente, così vicino a noi quasi da toccarlo è nell'Eucaristia. Chi ci ha dato il coraggio di andare avanti? Chi ha sostenuto le nostre persone? Gesù Eucaristia... Tutti i giorni, a tutte le ore, possiamo avere un'udienza con Cristo stesso. Capite, gen, che con lui siamo onnipotenti? I giovani (gen) devono avere il senso giusto dei valori e far loro questa idea: noi abbiamo la possibilità di trattare tutti i giorni con lui, l'Onnipotente, delle nostre difficoltà, possiamo raccontargli le nostre gioie, possiamo affidargli la Chiesa, l'unità dei cristiani, l'unità dei popoli ... Dio s'è fatto uomo per salvarci, ma, fattosi uomo, ha voluto addirittura farsi cibo, perché nutrendoci di lui diventassimo altri lui. Ora, una cosa è vedere Gesù, un'altra cosa è essere un altro Gesù sulla terra in qualche modo. Eucaristia dunque, Eucaristia. (Rocca di Papa, 9 luglio 1974 ) Come non tenere presente le catechesi che papa Francesco ha fatto nei mercoledì tra il 2017e il 2018 sulla S. Messa dove tra l’altro afferma: “L’Eucaristia ci fa forti per dare frutti di buone opere per vivere come cristiani. Non dobbiamo dimenticare che celebriamo l’Eucaristia per imparare a diventare uomini e donne eucaristici. Cosa significa questo? Significa lasciare agire Cristo nelle nostre opere: che i suoi pensieri siano i nostri pensieri, i suoi sentimenti i nostri, le sue scelte le nostre scelte. E questo è santità: fare come ha fatto Cristo è santità cristiana. Lo esprime con precisione san Paolo, parlando della propria assimilazione a Gesù, e dice così: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal. 2,19-20). Questa è la testimonianza cristiana. L’esperienza di Paolo illumina anche noi: nella misura in cui mortifichiamo il nostro egoismo, cioè facciamo morire ciò che si oppone al Vangelo e all’amore di Gesù, si crea dentro di noi un maggiore spazio per la potenza del suo Spirito. I cristiani sono uomini e donne che si lasciano allargare l’anima con la forza dello Spirito Santo, dopo aver ricevuto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lasciatevi allargare l’anima! Non queste anime così strette e chiuse, piccole, egoiste, no! Anime larghe, anime grandi, con grandi orizzonti… Lasciatevi allargare l’anima con la forza dello Spirito, dopo aver ricevuto il Corpo e il Sangue di Cristo.” (Papa Francesco: udienza sulla S. Messa) L’ultimo regalo che ci ha fatto Papa Francesco è stato l’Esortazione Apostolica, ancora fresca d’inchiostro, ci vorrebbe una giornata per presentarla, anche perché se è gioia, come dice il salmista “che i fratelli vivano e preghino insieme”, così lo stare insieme a Gesù e ai fratelli ci regala la gioia e l’esultanza. Chiamiamola la risurrezione e la santità. (Papa Francesco nella esortazione apostolica GAUDETE ET EXSULTATE del 19.03.2018 così afferma: Al n. 151. Ricordiamo che «è la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo». [113] Dunque mi permetto di chiederti: ci sono momenti in cui ti poni alla sua presenza in silenzio, rimani con Lui senza fretta, e ti lasci guardare da Lui? Lasci che il suo fuoco infiammi il tuo cuore? Se non permetti che Lui alimenti in esso il calore dell’amore e della tenerezza, non avrai fuoco, e così come potrai infiammare il cuore degli altri con la tua testimonianza e le tue parole? E se davanti al volto di Cristo ancora non riesci a lasciarti guarire e trasformare, allora penetra nelle viscere del Signore, entra nelle sue piaghe, perché lì ha sede la misericordia divina. [114] Sac. Calogero Calanni |
||