Il Sabato, o ultimo giorno della settimana ebraica, è ritenuto sacro per il culto di Dio e l'astensione dal lavoro (Es 20,10; 31,13‑17). Quel giorno ricorda come Dio « si riposò » dal lavoro della creazione (Gn 2,2‑3; Es 20,11; 31,17) e come il popolo fu liberato dall'Egitto (Dt 5,15). Contestando un'osservanza del Sabato che era divenuta strettamente legalistica (Mt 12,9‑14; Mc 2,23‑28; 13,10‑17), Gesù incontrò una forte opposizione quando affermò che « il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato » (Mc 2,28; cf Gv 5,2‑18). Gli Avventisti del settimo giorno osservano il sabato come il loro giorno sacro, come fa anche la Chiesa etiopica (non calcedonese). Cf Avventisti del settimo giorno; Cristianità etiopica; Domenica.
Cf Modalismo; Monarchianismo; Patripassianismo
Membri della comunità che sono messi « da parte » per offrire il sacrificio e praticare la mediazione tra Dio e gli esseri umani, in maniera cultica, come il sacerdozio levitico dell'AT (Es 28,1; 32,25‑29; Lv 8,1-9,24), come sacerdoti‑re come Melchisedech (Gn 14,18‑20) o in modo profetico come Ezechiele. Unico Mediatore supremo tra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5), Gesù è chiamato nella Lettera agli Ebrei « grande sommo sacerdote » (Eb 4,14-5,10). Questa Lettera illustra la natura del sacrificio di Cristo, la mediazione della Nuova Alleanza e il sacerdozio di Cristo come superiore a quello levitico (Eb 6,20-10,18).
a) Mediante il battesimo, tutti i credenti partecipano all'unico sacerdozio regale di Cristo (1 Pt 2,4‑10; SC 14; AA 3). Questo sacerdozio è chiamato « sacerdozio dei fedeli ».
b) Mediante il sacramento dell'Ordine, i sacerdoti sono consacrati dallo Spirito Santo e per il bene dell'intera Chiesa ad un ministero speciale della parola, dei sacramenti e della guida pastorale (PO 2,4‑6). Questo sacerdozio è chiamato spesso « sacerdozio ministeriale », ma c'è chi preferisce il termine « presbiterato » per sottolineare la differenza essenziale dal sacerdozio dei fedeli. Oltre all'amministrazione del sacramento della riconciliazione, dell'unzione degli infermi e degli altri sacramenti, il ministero dei sacerdoti ordinati comporta l'offrire il sacrificio della Messa « in persona di Cristo e... a nome di tutto il popolo » (LG 10, 28). C'è un unico sacerdozio, quello di Gesù Cristo a cui partecipano in modo differente i battezzati e i ministri ordinati. Cf Battesimo; Celibato; Clero; Diacono; Iniziazione; Mediazione; Ministero; Ordinazione; Ordine; Pastore; Presbitero; Profeta; Protestante; Vescovo.
Un segno sacro istituito dalla Chiesa, che assomiglia ai sacramenti, che significa e ottiene effetti spirituali mediante l'intercessione della Chiesa (SC 60; CIC 1166). Ampliando la definizione di sacramentali, da cose (per es., le palme distribuite la Domenica delle Palme) o pratiche (per es., il Rosario), fino a parlare di tutto ciò che ha valore di segno, il Concilio Vaticano II ha inteso affermare che tutti gli eventi della vita possono essere santificati. Una volta, solo i chierici erano ministri legittimi dei sacramentali. Oggi anche i laici possono amministrarne certuni, d'intesa col giudizio del vescovo del luogo e secondo le norme dei libri liturgici (SC 79; CIC 1168). Esempi di laici che amministrano i sacramentali possono essere l'imposizione delle ceneri il Mercoledì delle Ceneri e i genitori che guidano la recita del rosario in famiglia. Cf Ordinario; Rosario; Sacramento; Settimana Santa.
Un segno visibile istituito da Cristo che rivela e comunica la grazia. La Chiesa Cattolica e quella Ortodossa riconoscono sette sacramenti: il battesimo, la confermazione, l'Eucaristia, il matrimonio, l'ordine, l'unzione degli infermi e la penitenza (cf CIC 840‑1165). I cristiani orientali parlano di un « sacramento » come di un « mysterion » (Gr. « realtà nascosta »). Quest'ultimo termine rimanda ad un uso più generale (cf DS 860, 1310; FCC 9.001‑9.002). I Protestanti riconoscono generalmente solo due sacramenti: il battesimo e l'Eucaristia. Tre sacramenti (battesimo, confermazione e ordine) conferiscono un « carattere » permanente e non possono essere ripetuti (cf DS 781, 1313, 1767, 1774; FCC 9.005, 9.038, 9.291, 9.299). A partire dal Medioevo, i sacramenti sono stati considerati secondo la loro « forma », o parole, e « materia », o elementi come l'acqua, il pane, il vino o l'olio usati per la loro celebrazione. La confessione dei peccati da parte del penitente e lo scambio dei consensi nel matrimonio costituiscono la « quasi » materia di questi due sacramenti (cf DS 1601‑1816; FCC 9.007‑9.363). Notevoli contributi alla teologia dei sacramenti sono stati dati da sant'Agostino di Ippona (354‑430), da Pseudo‑Dionigi lo Areopagita (circa 500), da Pietro Lombardo (circa 1100‑1160), da Ugo di san Vittore (circa 1096‑1142), la cui interpretazione simbolica della realtà s'avvicina molto alla teologia orientale, da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), da Mattia Giuseppe Scheeben (1835‑1888) e da Odo Casel (1886‑1948). La teologia contemporanea parla di:
a) Cristo come sacramento primordiale o segno efficace della grazia di Dio, e
b) della Chiesa istituita come sacramento fondamentale che si realizza concretamente nella vita dei sette sacramenti. Questa visione di vita sacramentale è stata sviluppata da Otto Semmelroth (1912‑1979), da Karl Rahner (1904‑1984) e da Edward Schillebeeckx (nato nel 1914) (cf SC 27; LG 7,11). Cf Battesimo; Carattere; Confermazione; Donatismo; Eucaristia; Ex opere operantis; Ex opere operato; Grazia; Matrimonio; Ministro; Ordine; Res et sacramentum; Sacramento della penitenza; Sphraghìs; Teologia del simbolo; Unzione degli infermi; Validità.
È uno dei sette sacramenti, istituito da Cristo per il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo. Questo sacramento risponde ad un bisogno profondo di confessare i peccati, di ricevere il perdono da Dio e di riconciliarsi con la Chiesa ferita dai peccati (2 Sam 12,1‑25; Sal 51; Mc 1,4‑5; Lc 7,36‑50; 15,11‑32; 18,9‑14). Questo compito di riconciliazione è espresso bene in alcune parole di sant'Agostino di Ippona (354‑430): « Pax cum ecclesia dimittit peccata » (« La pace con la Chiesa rimette i peccati ») (cf PO 5). I Vangeli presentano Cristo che rimette i peccati (Mc 2,5‑11; Lc 7,36‑50) e che conferisce ai suoi discepoli il potere di rimettere i peccati (Gv 20,19‑23). Nella Chiesa primitiva, i cristiani battezzati che avevano commesso un omicidio, l'apostasia, o un adulterio e che poi si pentivano dovevano sottoporsi ad un periodo lungo, severo e pubblico di penitenza prima di essere riammessi dal vescovo alla santa comunione. A partire dal VI secolo, missionari irlandesi e altri diffusero la pratica di ripetute confessioni private fatte ai sacerdoti; le penitenze imposte ai penitenti divennero meno severe. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescrisse la confessione almeno una volta all'anno per coloro che erano caduti in peccati mortali (cf DS 812; FCC 9.198). Il Concilio di Firenze (1438‑1445) dichiarò che l'accusa del peccatore è la materia del sacramento, mentre le parole dell'assoluzione costituiscono la forma (cf DS 1323; FCC 9.277). Martin Lutero (1483‑1546) riconobbe la penitenza come sacramento, ma i riformatori seguenti ritennero come sacramenti soltanto il battesimo e l'Eucaristia. Il Concilio di Trento (1545‑1563) riaffermò la sacramentalità della penitenza (DS 1667‑1693; FCC 9.227‑9.256). In Oriente, c'è un approccio « medicinale » al sacramento, che mira a sanare gli esseri umani dalle loro ferite e cattive inclinazioni. Le condizioni per una recezione fruttuosa del sacramento sono: una vera contrizione del peccato; la confessione di almeno tutti i peccati mortali; il proposito sincero di non peccare di nuovo e di fuggire tutte le occasioni di peccato; la volontà di compiere la penitenza imposta dal sacerdote. Questa penitenza, che può assumere varie forme (per es., preghiera, digiuno, elemosina o qualche altra opera buona), serve a facilitare la conversione dal peccato a Dio. Cf Attrizione; Confessione; Contrizione; Peccato; Perdono; Riconciliazione; Sacramento.
Offrire nel culto un dono a Dio (Gn 4,2‑5). I sacrifici possono esprimere lode, ringraziamento e pentimento verso Dio, espiazione dei peccati (Eb 9,22), possono convalidare preghiere di intercessione, sancire un'alleanza (Es 24,4‑8) e rafforzare la comunione tra Dio e i suoi adoratori. Secondo la tradizione sia ebraica che cristiana, come anche altre, la natura e la realtà del sacrificio comportano di solito un sacerdote che offre una vittima in maniera cultuale. L'AT, specialmente i Profeti, ha insistito sulla retta intenzione e sull'onestà di vita di coloro che adorano Dio mediante sacrifici (Is 1,2‑31; Os 6,6; Am 5,21‑24; Sal 51,15‑17). Gesù ha richiamato Osea quando ha sottolineato la priorità della « misericordia » sui sacrifici (Mt 9,13; 12,7). Egli ha inteso la propria morte come un sacrificio che avrebbe espiato i peccati e che avrebbe portato un'alleanza nuova e definitiva (Mc 14,22‑24; 1 Cor 11,23‑26). Cf Alleanza; Culto; Espiazione; Eucaristia; Olocausto; Pasqua ebraica; Sacerdoti; Sangue di Cristo; Yom Kippur.
È la ri‑presentazione nell'Eucaristia del sacrificio perfetto della morte e risurrezione di Cristo (Rm 3,25; 4,25; Eb 10,12.14). Ben lungi dall'essere un altro sacrificio, la Messa è l'offerta quotidiana « in memoria di » (Lc 22,19; 1 Cor 11,24‑25) e la ripresentazione di ciò che è accaduto una volta per sempre il Giovedì Santo, Venerdì Santo e Domenica di Pasqua. Ci sono molte Messe, ma un unico sacrificio. Il Concilio di Trento (1545‑1563) ha insistito sulla natura sacrificale della Messa che, in un modo incruento, attualizza a beneficio di tutti l'unico sacrificio del Calvario (cf DS 1733‑1762; FCC 9.168‑9.191). Il Concilio Vaticano II ha arricchito l'insegnamento sulla Messa (PO 2; SC 7; LG 3, 28) facendo notare, per esempio, che « il Sacrificio eucaristico » è « convito pasquale » (SC 47), ossia pasto sacrificale. La tradizione bizantina illustra l'unicità del sacrificio di Cristo col celebrare nelle chiese una sola Messa al giorno. Cf Anàmnesi; Eucaristia; Messa.
Offendere persone, eventi, cose e luoghi sacri. Alcuni esempi: profanare una chiesa, rubare calici, fare violenza a persone consacrate. Cf Consacrazione.
Il Cuore ferito di Gesù, simbolo del suo amore sacrificale per tutti gli uomini (cf Gv 7,37‑39; 19,34). Già conosciuta nel Medioevo, la devozione al Cuore ferito di Gesù acquistò molta popolarità con le visioni di santa Margherita Maria Alacoque (1647‑1690), che esortarono, per esempio, ad atti di riparazione e alla pratica di comunicarsi il primo venerdì di ogni mese. Cf Amore; Devozioni; Riparazione; Simbolo.
Considerati tradizionalmente discendenti del sacerdote Sadoc (2 Sam 8,17; 1 Re 1,8). A partire dal II secolo a.C., questo gruppo aristocratico sacerdotale esercitò una forte influenza economica e politica. Basandosi sulla Torah, essi rigettavano le tradizioni orali, la risurrezione dei morti e l'esistenza degli angeli (Mc 12,18‑27; At 23,6‑8). Il sommo sacerdote Caifa e altri Sadducèi con le loro motivazioni politiche e religiose contribuirono alla condanna di Gesù da parte di Ponzio Pilato (cf anche At 4,1; 5,17). Dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C., i Sadducèi scomparvero come gruppo. Cf Angeli; Farisei; Risurrezione; Toràh.
Sono i canti religiosi dell'AT che esprimono al Dio santissimo l'adorazione, il rendimento di grazie, il lamento, il pentimento, la fedeltà e altri sentimenti del singolo e dell'intero popolo. Sebbene siano attribuiti tradizionalmente a Davide (morto all'incirca nel 970 a.C.), forse soltanto pochi dei 150 Salmi risalgono a lui. Questo libro liturgico degli Ebrei è usato dai cristiani dovunque per il culto pubblico e per la preghiera personale. Un libro fondamentale sull'AT e sui Salmi in particolare è uno studio di Hermann Gunkel (1862‑1932) che esamina le loro forme letterarie (cf DS 3521‑3528). Cf Critica biblica.
Termine globale per indicare la liberazione da sofferenze e da mali personali o collettivi. La Pasqua ebraica ricorda la liberazione attraverso il Mar Rosso (Es 12,1‑28; 14,15‑31) di un popolo minacciato di genocidio (Es 1,8‑22). I liberatori umani hanno spesso un ruolo, ma nella salvezza è decisivo solo il ruolo di Dio (Es 15,1‑21; Sal 46, 48, 76, 87). L'AT presenta la natura della salvezza in senso materiale (Dt 33,28‑29; Is 2,1‑5), ma l'alleanza del Sinai e quello che ne consegue include sempre elementi spirituali, oltre a quelli materiali (Ez 36,22‑32). Le promesse profetiche (Ger 31,3‑34; Ez 37,1‑14), escatologiche (Is 43,5-44,5) e chiaramente apocalittiche (Dn 12,1‑3) orientano verso una salvezza futura che verrà da Dio. Il NT sottolinea la liberazione dalla schiavitù del peccato e dalla morte (Mc 1, 5; Rm 5,12-7,25; Eb 2,14‑18). Il Figlio di Maria è chiamato « Gesù » (= « Dio è salvezza »), perché « salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21; cf At 4,12). Il « governo di Dio » e il « regno dei cieli » sono espressioni riverenziali per indicare la salvezza di Dio che raggiungerà il suo apice nell'eschaton (Rm 5,8‑10; 13,11; Eb 9,28; 1 Pt 1,5). Praticamente ogni pagina della Bibbia ha qualcosa da dire, direttamente o indirettamente, circa la salvezza, la sua natura e la sua mediazione. Il Benedictus è forse la preghiera più bella di ringraziamento a Dio per i suoi interventi salvifici (Lc 1,67‑79). Cf Alleanza; Eschaton; Giustificazione; Grazia; Letteratura apocalittica; Messia; Parusìa; Pasqua ebraica; Peccato; Redenzione; Regno di Dio; Riconciliazione; Riscatto; Risurrezione dei morti; Soteriologia; Spirito Santo; Storia della salvezza.
Inteso con il suo sfondo veterotestamentario, il Sangue di Cristo esprime e realizza la liberazione dalla morte alla vita (Es 12,7; 13,22‑23; 1 Pt 1,18‑19), lava dal peccato (Lv 16; Rm 3,25; Eb 9,12.14; 1 Gv 1,7; Ap 7,14) e instaura un nuovo rapporto d'amore con Dio (Es 24,3‑8; Mc 14,24). Cf Alleanza; Espiazione.
Il governo del Papa, la cui autorità è simboleggiata dal suo trono come vescovo di Roma. Nel Diritto Canonico, il termine « Santa Sede » e quello di « Sede Apostolica » non si riferiscono soltanto al Papa, ma anche, quando viene indicato dal contesto, alla sua Segreteria di Stato e ad altri uffici che fanno parte del governo papale (CIC 361). Cf Cattedra; Insediamento; Papa.
L'azione di Dio che abilita gli esseri umani, i cui peccati sono stati perdonati, a partecipare più pienamente alla santità e perfezione di Dio. Per opera dello Spirito Santo (1 Pt 1,2), la santificazione continua e completa un processo che inizia con la giustificazione (cf 1 Cor 1,30; 6,11). La santificazione consiste nell'amore e viene dalla frequenza dei sacramenti (cf DS 225‑230; FCC 8.001‑8.007). Mentre i Protestanti tendono a enfatizzare il fatto che la santificazione in questa vita è radicalmente incompleta, il Concilio di Trento insiste sulla sua possibilità mediante la grazia abbondante di Dio (cf DS 1530‑1533; FCC 8.063‑8.066). I cristiani orientali preferiscono parlare di deificazione (2 Pt 1,4). Cf Deificazione; Giustificazione; Grazia; Santità.
Termine usato per il pane e il vino consacrati nell'Eucaristia. Cf Consacrazione; Eucaristia; Transostanziazione.
È l'attributo di un essere che raggiunge pienamente lo scopo della sua esistenza ed è così pienamente realizzato. Strettamente parlando, solo Dio è santo, in quanto è il mysterium tremendum et fascinans (il mistero tremendo e affascinante), « totalmente diverso » dagli altri esseri umani e indescrivibilmente santo (cf Is 6,3.5). D'altra parte, egli è la fonte di ogni perfezione spirituale e morale. Nell'AT il « Codice di santità » (Lv cc. 17‑26) esorta gli Israeliti a essere santi, perché il loro Dio è santo (Lv 19,2; 20,26). Per Paolo, la Chiesa, come anche i singoli cristiani, sono tempio dello Spirito Santo (1 Cor 3,16‑17; 6,19). Cose, località, cerimonie, scritture, legge e alleanza possono anche essere dette sante, in quanto sono santificate e consacrate a Dio. Cf Alleanza; Consacrazione; Doxa; Grazia; Hagios; Perfezione; Santificazione; Santo; Trisagio.
Una delle quattro « note » che caratterizzano la Chiesa e i suoi membri. È un articolo di fede che si trova nei primi simboli di fede (DS 1‑76; FCC 0.002‑0.003, 0.501‑0.517). Mediante il sacrificio di Cristo, lo Spirito Santo e il battesimo, l'intera Chiesa è stata santificata (Rm 5,5; 1 Cor 6,11; Ef 5,25‑27). Paolo si rivolge alle comunità cristiane come a comunità di « santi » (cf 2 Cor 1,1) o « santi per vocazione » (Rm 1,7; 2 Cor 1,2). In certe epoche, i Donatisti e altri hanno esagerato sulla santità della Chiesa qui e ora. La verità è piuttosto che, nel suo pellegrinaggio attuale, la Chiesa è stata resa santa dallo Spirito Santo, è continuamente sostenuta dalla testimonianza eroica di alcuni suoi membri, e d'altra parte (a causa dei molti peccati dei cristiani), ha continuamente bisogno di purificazione (LG 8). Alla fine, la Chiesa celeste, la nuova Gerusalemme, risplenderà della gloria di Dio (Ap 21,2.10‑11; 22,19). Cf Canonizzazione; Comunione dei Santi; Donatismo; Note (segni) della Chiesa; Santificazione; Santo.
Si chiama così chi è chiamato alla piena perfezione morale o che gode già di questa condizione nella vita eterna con Dio. Tutti i battezzati sono chiamati alla santità (LG 39‑42). Dopo la loro morte, alcuni vengono riconosciuti ufficialmente per la loro santità eminente (SC 8, 104, 111; LG 50‑51). Léon Bloy (1846‑1917) disse che nella vita « c'è una sola tristezza: quella di non amare Dio, di non essere santi ». Cf Beatificazione; Canonizzazione; Perfezione; Santità; Santità della Chiesa; Trisagio; Venerazione dei Santi.
Cf Letteratura sapienziale.
Cf Concilio di Sardica.
La carne degli animali e degli esseri umani (1 Cor 15,39), il corpo umano (At 2,31), la condizione umana (Gv 1, 14), la discendenza terrena (Rm 1,3), le norme di vita puramente naturali (1 Cor 1,26) e la forza dell'esistenza corporea che porta al peccato e si oppone alla vita secondo lo Spirito (Gal 5,16‑26). Cf Cristologia del Lògos‑Sarx; Natura; Sòma; Spirito.
Inteso dapprima come un avversario che lotta contro qualcuno (Gb 1,6-2,10) e poi come il demonio o il principe sommamente malvagio degli angeli ribelli che cerca di sabotare il piano salvifico che Dio ha sull'umanità (Mt 13,39; Mc 1,13; 4,15; Lc 10,18; 13,16; Gv 13,2.27). Avendo san Pietro tentato di opporsi alla sorte sofferente di Gesù, questi lo respinse chiamandolo: « Satana » (Mc 8, 33). Cf Angeli; Demoni; Diavolo.
Un'azione od una parola che induce altri a peccare (Rm 14,13; 16,17). Cristo ha messo in guardia contro coloro che danno scandalo (Mt 16,23; Mc 9,42), o contro chi si lascia scandalizzare (Mc 9,43‑47). Il Codice di Diritto canonico del 1983 esorta ad evitare gli scandali come anche a non provocarli e impone pene contro coloro che causano scandali gravi (cf CIC 277, 326, 695‑696, 703, 903, 990, 1132, 1184, 1211, 1455, 1560, 1722, 1727). Nel NT, il termine « scandalo » può riferirsi anche a qualcosa di buono che, però, produce disapprovazione e opposizione (Gv 6,61‑62; 1 Cor 1,23). Cf Diritto Canonico; Peccato.
Dubitare sulla possibilità di conoscere qualcosa con certezza. Gorgia (quinto secolo a.C.) e Pirro di Elide (circa 360‑270 a.C.) sostenevano che la razza umana non può raggiungere la certezza su nessuna cosa. Uno scetticismo così assoluto, chiamato alle volte pirronismo, è ovviamente autocontraddittorio. Lo scetticismo relativo si limita ad alcune aree di conoscenza: per esempio, la verità religiosa e quella morale. Cf Relativismo.
La tensione sorta a partire dal secolo XVII tra
a) le scoperte, le leggi e i metodi scientifici e
b) le credenze religiose.
Sono sorte difficoltà da discipline come l'astronomia, la biologia, la paleontologia, la fisica, la psicologia e la sociologia. Con una punta di ironia si è potuto argomentare che la fede giudeo‑cristiana nel Dio creatore ha reso possibile la nascita della scienza occidentale. La controversia di Galileo Galilei (1564‑1642) creò l'immagine che stenta a scomparire di una Chiesa ufficiale che rifiuta di accettare le nuove scoperte e che cerca di limitare l'adeguata libertà scientifica. Questo caso, come anche il dibattito sulla teoria dell'evoluzionismo sviluppata da Charles Darwin (1809‑1882) mise in rilievo il problema della conveniente interpretazione dei testi biblici. Nel secolo XX, il progresso scientifico e tecnologico è stato spettacolare. Con ciò, si è fatta strada ora la convinzione largamente condivisa che la scienza non può da sé dare una risposta alle questioni fondamentali circa il significato e i valori, può essere disumanizzante e estremamente pericolosa (per es., le armi nucleari) e deve rispettare i diversi metodi usati in filosofia e in teologia. Il progresso nelle teorie della conoscenza ha mostrato che anche nelle scienze naturali gli appelli generici all'« oggettività » pura e imparziale vanno abbandonati. Per molti, il francese sacerdote e paleontologo Pierre Teilhard de Chardin (1881‑1955) è stato il simbolo del nuovo dialogo che ha sostituito il vecchio antagonismo tra scienza e religione. Che si trovi nella religione o nella scienza, tutta la verità si fonda su Dio e non può mai opporsi a se stessa (cf GS 36). Cf Autonomia; Creazionismo; Critica biblica; Evoluzionismo; Fondamentalismo; Dio « Tappabuchi »; Positivismo; Verità.
Conoscenza data gratuitamente mediante lo Spirito Santo per qualche compito speciale nella Chiesa, e elargita anche, secondo una lunga tradizione, a Cristo e ai profeti dell'AT. È distinta dalla scienza acquisita che è il risultato di sforzo e di studio normale. Cf Carismi.
Questo concetto è stato sviluppato dal gesuita Luis de Molina (1535‑1600) per conciliare la vera libertà umana con la prescienza divina che conosce in antecedenza tutto ciò che accadrà. Egli propose una conoscenza secondo cui Dio conosce le possibilità future con una conoscenza che è più che una conoscenza delle pure possibilità, ma è meno di una visione degli effettivi eventi futuri. Cf Molinismo; Prescienza.
Separazione tra gruppi opposti (Gv 7,43; 1 Cor 1,10; 11,18; 12,25). Prefigurati dalla divisione nell'AT tra il Regno del Nord e quello del Sud dopo la morte di Salomone (931 a.C.), gli scismi hanno danneggiato la vita e l'unità della Chiesa. L'eresia e lo scisma non sono sempre nettamente distinti, ma si può dire così: mentre la vera eresia pecca contro la fede col negare volontariamente qualche verità rivelata, lo scisma pecca contro l'amore in quanto infrange la comunione con gli altri membri della Chiesa. Gli scismi non sono provocati primariamente da questioni dottrinali, ma da divergenze riguardanti l'autorità e la disciplina della Chiesa. Lo scisma più grave tra i cristiani è quello che è avvenuto tra i cattolici occidentali e gli ortodossi orientali. Sebbene la data convenzionale sia quella del 1054, lo scisma è stato preceduto da una parte da molte tensioni previe, e, d'altra parte, non è stato sentito pienamente tra le file dei cristiani di entrambe le parti se non molto tempo dopo. Nonostante la riconciliazione tra Roma e Costantinopoli avvenuta alla fine del Concilio Vaticano II, questo scisma ancora oggi non è pienamente sanato. Il Vaticano II ha riconosciuto le separazioni e divisioni (UR 3, 13), ma non ha mai usato i termini « scisma », o « scismatici », e in questo campo non ha neanche mai parlato di « eresia » e di « eretici ». Cf Concilio di Firenze; Concilio Vaticano II; Dialogo; Ecumenismo; Eresia; Filioque.
Si tratta di una tradizione accademica e monastica che si serviva della filosofia di Aristotele e di Platone per capire, interpretare sistematicamente e riflettere sulle verità di fede. Avviata con sant'Agostino di Ippona (354‑430), Boezio (circa 480 ‑ circa 524) e altri, la Scolastica cominciò realmente con sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109) e col suo motto « fides quaerens intellectum » (Lat. « la fede che cerca di capire »). Dopo Pietro Abelardo (1079‑1142) e Pietro Lombardo (circa 1100‑1160), la Scolastica ebbe i suoi maggiori esponenti in san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), san Bonaventura (circa 1217‑1274) e beato Duns Scoto (circa 1265‑1308). Con Guglielmo di Occam (circa 1285‑1347), la Scolastica decadde in un vuoto nominalismo. Cf Aristotolismo; Filosofia; Filosofia perenne; Neoscolastica; Neotomismo; Nominalismo; Platonismo; Scuole teologiche; Summa; Tomismo.
Esclusione dalla recezione dei sacramenti e dall'esercizio dei pieni diritti nella Chiesa (CIC 1331). La scomunica può scattare automaticamente in seguito a certi atti o può essere pronunciata da un'autorità o da un tribunale ecclesiastico. Cf Anatema; Ferendae sententiae; Latae sententiae.
Si chiama così il sistema sviluppato dal francescano beato Duns Scoto (circa 1265‑1308), proveniente dalla Scozia. Egli insegnò a Cambridge, Oxford, Parigi e Colonia. Per la sua grande capacità di riflessione, Scoto fu chiamato il « dottor sottile ». Diversamente da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), il beato Scoto diede il primato all'amore e alla volontà (e non alla conoscenza e all'intelletto). Perciò affermò che la nostra felicità in cielo consisterà primariamente nell'amore (e non nella visione) di Dio. Il beato Scoto differisce da san Tommaso anche perché fu il campione dell'Immacolata Concezione di Maria. Secondo Scoto, l'incarnazione non è una pura opera di salvezza avvenuta a causa della caduta: l'Incarnazione, secondo lui, sarebbe avvenuta comunque. Il concetto di Scoto secondo cui gli esseri singoli sono individuati mediante una haecceitas (Lat. « l'essere questo ») che è qualcosa di intelligibile, come anche le sue riflessioni sui possibilia (Lat. « le cose possibili ») hanno influito su Martin Heidegger (1889‑1976). Cf Caduta (La); Immacolata Concezione; Incarnazione; Scolastica; Scuole teologiche; Tomismo; Visione beatifica.
In origine, erano copisti e custodi di documenti, ma la loro destrezza riuscì a portarli alla loro promozione ufficiale (Sal 45,2; Esd 7,6; Sir 39,1‑11; cf Ger 8,8). Al tempo di Gesù, gli Scribi provenivano principalmente, ma non esclusivamente, dai Farisei e, con i capi dei sacerdoti e gli anziani, formavano i 71 membri del Sinedrio o Concilio supremo di Gerusalemme. A motivo del loro compito di interpretazione e applicazione della Scrittura, furono chiamati « dottori della legge » o giuristi » (Lc 7,30). Cf Bibbia; Toràh.
Cf Bibbia.
La relazione che esiste tra la Parola di Dio scritta e ispirata e la realtà più ampia della Chiesa che, « nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede » (DV 8). Contro il principio dei Riformatori basato sulla sola Scrittura, il Concilio di Trento (1545‑1563) insegnò che il Vangelo è « la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale ». È « contenuto » non solo nei « libri scritti » ma anche nelle « tradizioni non scritte che sono giunte a noi » (DS 1501; FCC 2.006, 2.014). Sebbene il Concilio di Trento avesse parlato di una fonte (« il vangelo »), il suo insegnamento portò molti cattolici a sviluppare la teoria delle « due fonti », secondo cui alcune verità sarebbero contenute nella Tradizione e non nella Scrittura. Il Concilio Vaticano II intese la rivelazione primariamente come l'autocomunicazione della vita di Dio (DV 2‑6) più che come un corpo di proposizioni rivelate « contenute » nella Bibbia o in altre fonti. Il Vaticano II sottolineò il procedimento della tradizione (al singolare!) anzichè le tradizioni individuali (= insegnamenti o prassi particolari), insistette sul modo con cui la tradizione e la scrittura sono unite nella loro origine (= rivelazione), funzione e finalità (DV 9) e, mentre parlò solo della scrittura come parola di Dio, riconobbe il ruolo della tradizione nel chiarire e attualizzare la rivelazione (DV 8). Grazie ad un incontro della Commissione Fede e Ordine del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel 1963 e all'influsso di Yves Congar (nato nel 1904), di Gerhard Ebeling (nato nel 1912), di Hans Georg Gadamer (nato nel 1900) e altri, un numero sempre maggiore di protestanti ammette che non è possibile un appello esclusivo alla sola Scrittura. La Tradizione è un mezzo essenziale per capire la rivelazione, mentre la Scrittura ha il suo ruolo speciale nel giudicare e riformare le tradizioni. Cf Bibbia; Luteranesimo; Magistero; Parola di Dio; Protestante; Riforma (La); Sola Scrittura; Spirito Santo; Sufficienza della Scrittura; Tradizione.
Un vasto gruppo tedesco di studiosi fra cui Wilhelm Bousset (1865‑1920), Hermann Gunkel (1862‑1932) e Richard Reitzenstein (1861‑1931). Nell'interpretare l'ebraismo e il cristianesimo nelle loro origini, riscontrano molti parallelismi e fonti in altre tradizioni religiose del Medio Oriente. Cf Religioni comparate.
Un gruppo di studiosi associati all'Università di Francoforte. La loro teoria critica ha messo in luce vari legami tra la nostra comprensione e i nostri interessi, e mira a realizzare una società più razionale col rendere libera la conoscenza dal dominio e dalla manipolazione. Tra i membri importanti di questa scuola (che ha esercitato una notevole influenza sulla teologia d'oggi), c'è da ricordare: Teodoro Adorno (1903‑1969), Jürgen Habermas (nato nel 1929), Max Horkheimer (1895‑1973) e Herbert Marcuse (1888‑1979). Cf Ermeneutica; Teologia della liberazione; Teologia politica.
Vari gruppi di teologi che approfondiscono e presentano sistematicamente i dati della Scrittura e della Tradizione con caratteristiche proprie. I loro metodi e sistemi sono stati influenzati dalla loro formazione (per es., una università, un monastero o un seminario), dai loro destinatari (per es., seminaristi, o pubblico in genere, o la Chiesa nella sua globalità), e dalle loro differenze filosofiche (per es., aristotelismo, esistenzialismo, platonismo od altre correnti di pensiero). Nel Medioevo le grandi scuole teologiche (agostiniani, domenicani e francescani) sono state per lo più collegate con università come Bologna, Cambridge, Colonia, Napoli, Oxford e Parigi eo con grandi maestri come il francescano san Bonaventura (1221‑1274), i domenicani sant'Alberto Magno (circa 1200‑1280) e san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), e, un po' più tardi, i francescani beato Duns Scoto (circa 1265‑1308) e Guglielmo di Occam (circa 1285 ‑ circa 1347). Nei secoli XIX e XX, le scuole teologiche si sono pure associate con varie istituzioni (per es., l'università di Tubinga, l'università di Chicago e l'università Gregoriana di Roma), eo con personaggi come Karl Barth (1886‑1968), Karl Rahner (1904‑1984), Bernard Lonergan (1904‑1984), Hans Urs von Balthasar (1905‑1988) e Paul Tillich (1886‑1965). Cf Agostinianismo; Neo‑scolastica; Neo‑tomismo; Nominalismo; Scolastica; Scotismo; Tomismo; Tubinga e le sue scuole.
a) Una ideologia atea o agnostica che nega le credenze e i valori religiosi e spiega ogni cosa esclusivamente in termini di questo mondo.
b) Il secolarismo va distinto dalla « secolarità », o atteggiamento di chi s'interessa di questo mondo e delle sue vicende, ma non necessariamente in un modo antireligioso.
c) La « secolarizzazione » si riferisce a qualsiasi processo sociale e storico che sottrae qualcosa dal controllo ecclesiastico e da intenti sacri: per es., la soppressione dei monasteri nel secolo XVI in Inghilterra, l'impatto della rivoluzione francese in Francia e della politica di Napoleone Bonaparte (1769‑1821) in Germania. Terreni e edifici, usati prima per la vita religiosa, divennero proprietà di nobili, commercianti e altri per intenti puramente profani e mondani.
d) Il clero « secolare » è costituito dai preti posti sotto l'obbedienza del vescovo della loro diocesi e si distinguono dai preti che appartengono ad un ordine religioso o ad una congregazione.
Cf Autonomia; Clero; Diocesi; Ordinario; Vita religiosa.
Cf Parusìa.
Cf Note della Chiesa.
Si chiama così la teoria di Basilio di Ancira (= Ankara) e di altri dopo il Concilio di Nicea I (325). I semi‑ariani non seguirono la visuale ariana secondo cui Cristo sarebbe solo la prima tra le creature, ma non accettarono nemmeno la dottrina ortodossa del Figlio omooùsios (= della stessa sostanza) del Padre. Essi chiamarono il Figlio omoioùsios (Gr. « di una sostanza simile ») al Padre. Sebbene il loro termine fosse eretico, la differenza di una sola « i » creò una piattaforma di dialogo che portò molti semi‑ariani alla piena ortodossia. Cf Arianesimo; Concilio di Nicea I; Omooùsios.
Teoria proveniente da san Giovanni Cassiano di Marsiglia (circa 360‑435), san Vincenzo di Lérins (morto prima del 450) e da altri monaci del Sud della Francia. Secondo essi, gli esseri umani possono fare da sé il primo passo verso Dio senza l'aiuto della grazia divina. Mentre ammettevano che la grazia è indispensabile alla salvezza e rigettavano così il Pelagianesimo, coloro che svilupparono il semi‑pelagianesimo (come fu chiamata questa visuale alla fine del XVI secolo), si comportarono così almeno in parte per la loro opposizione alla versione estremista della predestinazione sostenuta da sant'Agostino di Ippona (354‑430). Il semi‑pelagianesimo finì per essere condannato nel secondo Concilio di Orange (529). L'insegnamento ufficiale della Chiesa, mentre seguì l'insegnamento di Agostino sulla grazia (cf DS 370‑397; 2004‑2005; 2618; 2620; FCC 3.052‑3.053; 8.031‑8.040, 8.139‑8140), non ha mai approvato la sua interpretazione della predestinazione. Cf Antropologia; Grazia; Pelagianesimo; Predestinazione.
La caratteristica di essere indivisibile e non composto di varie parti. Essendo spirituale e interamente presente a sé, Dio è semplice in questo senso ontologico (Gv 4,24; cf DS 297, 800, 805, 1880 e 3001; FCC 1.074, 5.002, 6.060, 6.065). Nella sfera morale, la semplicità si riferisce alla rettitudine d'intenzione senza complessi con cui agisce una persona veramente religiosa (cf Mt 10,16). Cf Immutabilità; Prudenza; Sofferenza di Dio.
I vari significati che possono avere i testi biblici. Il senso letterale è il significato inteso dall'autore originale che ha scritto per uditori particolari, in determinate circostanze storiche ed usando forme letterarie specifiche. Una volta scritto, però, un testo biblico, come gli altri testi, comincia ad avere una sua vita. Sarà letto e interpretato in contesti differenti da quello in cui fu composto in origine. Comunicherà e richiamerà significati che vanno oltre a quello che intendeva l'autore originale. Lungo i secoli, coloro che ascoltano, leggono e usano i testi biblici per la preghiera portano in questo dialogo i loro problemi e interessi; possono così scoprire nuove gamme di significati. Col cercare e spesso con lo stabilire, almeno in parte, il senso letterale, la critica biblica rimane essenziale; tra le altre cose, può verificare voli sfrenati di interpretazione soggettiva. Nello stesso tempo, lo Spirito Santo che primo ha ispirato lo scritto dei testi biblici illumina i singoli e l'intera comunità a trovare in quei testi significati e vita per oggi (cf DV 12, 21‑25). Da Origene (circa 185‑circa 254) a Benedetto XV (1854‑1922, papa dal 1914) e oltre, i credenti hanno sempre attestato la loro convinzione che la Bibbia ha Cristo come centro e trova in lui il suo significato. Cf Allegoria; Critica biblica; Ermeneutica; Esegesi; Fondamentalismo; Ispirazione; Origenismo; Sensus plenior; Teologia alessandrina; Teologia antiochena; Tipologia.
Cf Sensus fidelium.
Si chiama così l'intuito istintivo dell'intera comunità dei fedeli in campo di fede (LG 12; DV 8). La loro valutazione e il loro discernimento della rivelazione avvengono sotto la guida dello Spirito Santo (Gv 16,13; 1 Gv 2,20.27). Questo senso della fede fa sorgere e si manifesta nel consensus fidelium (Lat. « consenso dei fedeli »), come una causa che produce effetti corrispondenti. Coloro che hanno contribuito a sviluppare questo concetto sono stati: John Henry Newman (1801‑1890), Matthias Joseph Scheeben (1835‑1888) e Johann Adam Möhler (1796‑1838). Cf Fede; Grazia; Indefettibllità; Spirito Santo.
Il modo con cui le Scritture (per es., testi dell'AT) possono avere significati che vanno oltre il senso letterale (= il significato inteso esplicitamente dall'autore umano originale). Significati del genere, intesi dall'autore principale (Dio), sono emersi alla luce di eventi successivi della storia della salvezza guidata da Dio. Cf Sensi della Scrittura.
La più importante versione greca dell'AT chiamata versione dei « Settanta », perché, secondo una leggenda, sarebbe stata fatta da settanta (o settantadue) studiosi che lavorarano ignorandosi tra di loro. Secondo la tradizione ebraica, fu commissionata da Tolomeo Filadelfo (285‑246 a.C.) per la sua famosa biblioteca di Alessandria. Mentre sembra essere il lavoro congiunto di molti traduttori, fu probabilmente ultimata più tardi: verso il 132 a.C. Su certi punti importanti, differisce dalla Bibbia ebraica. Certi libri che addirittura non si trovano nella Bibbia ebraica (come Tobia, Giuditta, Sapienza, Siracide e Baruc) sono stati introdotti nei « Settanta », mentre alcuni libri (per es. Ester) vi appaiono in una forma più lunga. Questi libri e passi tradizionali, chiamati « Apocrifi » nella tradizione protestante, sono ritenuti « deutero‑canonici » dai Cattolici e dagli Ortodossi. Nel citare l'AT, gli autori neotestamentari seguono spesso i « Settanta » anziché l'originale ebraico. Molti dei primi Padri della Chiesa hanno considerato i « Settanta » come la versione ufficiale dell'AT. Cf Antico Testamento; Apocrifi; Bibbia; Canone delle Scritture; Libri deuterocanonici; Volgata.
Sono quei concili generali dal Niceno I (325) al Niceno II (787) che vengono riconosciuti come ecumenici sia dai Cattolici che dai Greci Ortodossi. Godono di un'importanza unica in qualsiasi dialogo tra l'Oriente e l'Occidente. Sebbene i Greci Ortodossi abbiano in seguito ritenuto importanti anche altri Concili, come quello di Costantinopoli nel 1351 e quello di Gerusalemme nel 1672, nessuno, però, di questi è stato riconosciuto come ecumenico. I Cattolici elencano di solito 21 concili come ecumenici; il ventunesimo è il Concilio Vaticano II. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano I; Concilio Costantinopolitano II; Concilio Costantinopolitano III; Concilio ecumenico; Concilio di Efeso; Concilio di Nicea I; Concilio di Nicea II.
Sono i peccati che tradizionalmente vengono ritenuti come la radice degli altri peccati. L'elenco, come è stato sviluppato da Evagrio Pontico (346‑399), san Gregorio Magno (circa 540‑604) e altri, è il seguente: la superbia, l'avarizia, la lussuria, l'invidia, la gola, l'ira e l'accidia. Quest'ultimo (Gr. « indifferenza ») significa; apatia, torpore o disgusto per le cose spirituali. Sotto « la proliferazione del peccato » il Catechismo della Chiesa Cattolica ha elencato i sette peccati capitali (n. 1866). Cf Peccato.
È la settimana più importante del calendario liturgico. Comincia la Domenica delle Palme con la benedizione e la processione delle Palme; ricorda l'istituzione dell'Eucaristia il Giovedì Santo, chiamato anche, nei paesi di lingua inglese « Maundy Thursday » (il Giovedì del precetto: il precetto di amarci gli uni gli altri come Cristo ci ha amati: Gv 13,34) e culmina con la Veglia Pasquale del Sabato Santo. In Oriente, questa Settimana si chiama anche « Settimana della Salvezza ». I Greci la chiamano « la Grande Settimana ». Le Lettere Festali di sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) offrono la prima documentazione chiara delle celebrazioni della Settimana Santa. Quando Egeria fece il suo pellerinaggio dalla Spagna a Gerusalemme verso la fine del IV secolo, trovò una liturgia ben sviluppata della Settimana Santa nella città dove Cristo trascorse gli ultimi giorni della sua vita terrena. Cf Messa dei presantificati; Triduo pasquale.
formato dal verbo: « fissare una tenda »). La presenza gloriosa di Dio in mezzo a noi. Pur non usando questa parola, l'AT allude ad essa quando parla della Tenda del Convegno nel deserto dove si manifestò la gloria di Dio (cf Es 33,7‑11; Nm 11,16‑25; 12,1‑10). Nel Talmud, il termine può essere una circonlocuzione reverenziale per indicare Dio. Il quarto Vangelo usa il concetto di shekinàh nel parlare dell'Incarnazione (Gv 1,14). Cf Dòxa; Gloria; Tàlmud.
È la prima parola di una preghiera che nella sua forma piena era composta da Dt 6,4‑9; 11,13‑21 e Nm 15,37‑41, ma nella sua forma più breve suona così: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze » (Dt 6,4‑5). Cristo citò questo brano quando rispose allo scriba che gli chiedeva qual era il primo di tutti i comandamenti (Mc 12,28‑30). Lo Shema occupa nella pietà ebraica il posto fondamentale che occupa il Padre nostro nella pietà cristiana. Cf Amore; Preghiera.
Luogo sotterraneo dove tutti i morti come tante ombre conducono la stessa esistenza (Gn 37,35; Nm 16,31‑34; Dt 32,22; Gb 3,13‑19; 26,5‑6; Is 14,9‑11). È desiderabile una lunga vita su questa terra, poiché i morti non possono più dare lode a Dio (Sal 6,5‑6; 88,3‑6.11‑13; Is 38,18). Cf Cielo; Escatologia; Inferno; Purgatorio.
Lo studio sistematico dei Simboli (professioni di fede) e delle verità fondamentali delle differenti confessioni cristiane. Sviluppato da Georg Callixtus (1586‑1656), Johann Adam Möhler (1796‑1838) ed altri, questo settore della teologia è stato ringiovanito dal movimento ecumenico, in particolare dai dialoghi bilaterali (dialoghi tra i rappresentanti ufficiali di due Chiese cristiane) e dalla Commissione Fede e Ordine del « Consiglio Ecumenico delle Chiese » (per es., il rapporto del 1982 su Battesimo, Eucaristia e Ministeri). Cf Consiglio Ecumenico delle Chiese; Confessione di Augusta; Dialogo; Ecumenismo; Fede e Ordine; Trentanove articoli.
Qualcosa che rappresenta « naturalmente » (per es., un leone che è simbolo di coraggio) o convenzionalmente (per es., una bandiera come simbolo di un dato paese) qualcosa d'altro. Col rendere presenti altre cose, i simboli entrano nella nostra fantasia, colpiscono i nostri sentimenti e influiscono sul nostro comportamento. Le spiegazioni razionali non riusciranno mai ad ottenere la vasta gamma di significati espressi da vari simboli. In particolare, quando assumiamo simboli religiosi che rappresentano le realtà ultime e trascendenti, c'è da aspettarsi che questi simboli siano inesauribili nel loro significato. Cf Croce; Professione di fede; Sacramento; Teologia del simbolo.
Il Simbolo promosso dall'Imperatore Carlomagno (circa 742‑814) e usato per il battesimo nella Chiesa d'Occidente. Consta di uno schema tripartito molto semplice, costruito attorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo (cf DS 16). Rufino (circa 345‑410) riporta una leggenda secondo cui i dodici Apostoli avrebbero ognuno composto un articolo del Simbolo.
Professione di fede, chiamata anche Simbolo « Quicumque » (dalla prima parola latina: « Chiunque vuole essere salvo... »). È erroneamente attribuito a sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) e ha avuto origine con tutta probabilità nel Sud della Francia nel V secolo. Si dilunga molto sulla Trinità, sull'Incarnazione e sulla Redenzione (cf DS 75‑76; FCC 0.520‑0.514).
È il Simbolo che è stato ratificato a Nicea (325). Contro gli Ariani, esso proclama l'eterna divinità del Figlio, il quale è « della stessa sostanza » (omooùsios) del Padre (DS 125‑126; FCC 0.503‑0.504). Spesso, per Simbolo Niceno si intende più precisamente quello « Niceno‑Costantinopolitano », in connessione con il Concilio Costantinopolitano I (381). Questo Simbolo presuppone quello di Nicea, ma è più specifico per quanto riguarda la divinità dello Spirito Santo: questi va « adorato e glorificato » con il Padre e il Figlio (DS 150; FCC 0.509). Largamente usato nella celebrazione eucaristica e nel battesimo, il Simbolo Niceno‑Costatinopolitano è quello più comunemente accettato tra i Cristiani. Cf Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Nicea I; Filioque; Omooùsios.
Consiste nel trattare i beni spirituali come se fossero merce di acquisto. Vendere o comperare un ufficio ecclesiastico o un sacramento costituisce un peccato di simonia. Il nome viene da un mago chiamato Simone il quale voleva comperare da Pietro e da Giovanni il potere di donare lo Spirito Santo (At 8,9‑25). In certe epoche, la simonia ha sfigurato la vita della Chiesa, per cui è stata condannata più volte (cf DS 304, 473, 586, 691‑694, 707, 751, 820; CIC 149, 188 e 1380).
(Lat. « essere contemporaneamente peccatore e giusto »). Una frase che riassume la convinzione luterana secondo cui dobbiamo sempre confessarci peccatori quando ci guardiamo alla luce della legge che ci accusa e delle nostre possibilità naturali. Nello stesso tempo, dobbiamo ammettere che siamo realmente giustificati quando crediamo nella promessa del perdono e della misericordia di Dio. Cf Corruzione totale; Giustificazione; Imputazione; Luteranesimo; Peccato; Protestante.
Una scuola e un luogo ebraico per il culto. La parola ebraica corrispondente era knesset usata oggi per indicare il Parlamento d'Israele. Luca colloca il primo discorso di Gesù nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,16‑28) e leggiamo che ha compiuto altre visite nelle sinagoghe (Mt 9,35; 13,54; Mc 1,39; Lc 4,44; 13,10; Gv 6,59). San Paolo e altri dei primi cristiani si sono serviti delle sinagoghe per dialoghi e dibattiti con gli Ebrei (cf At 13,14‑43; 17,1‑2.10‑12). Costituite per la prima volta nel secolo VI avanti Cristo, le sinagoghe sono sempre rimaste il centro di culto e di formazione ebraica lungo i secoli. Tra gli Ebrei di oggi, quelli riformati intendono i « templi », mentre gli Ortodossi si riferiscono alle « scuole ». Cf Giudaismo; Israele.
Breve presentazione della vita di un santo o del significato di una festa particolare, letta nell'orthros, o ufficio del mattino nella liturgia delle Ore della Chiesa bizantina. Cf Liturgia delle Ore.
Un'assemblea riunita per la liturgia della Parola, per la celebrazione eucaristica o per qualche altra funzione religiosa. Praticamente sinonimo di « sinagoga » (Gr. « assemblea »), la parola è stata usata dapprima dai cristiani per distinguere il loro culto da quello degli Ebrei. Cf Culto; Eucaristia; Liturgia della Parola; Sinagoga.
Qualsiasi tentativo di conciliare o anche di fondere insieme princìpi e pratiche differenti o addirittura incompatibili. Spesso superficiale e transitorio, il sincretismo può verificarsi tra religioni, filosofie e all'interno dello stesso cristianesimo. Il primo a tentare un sincretismo ecumenico su larga scala fu Georg Callixtus (1586‑1656), teologo protestante che cercò di conciliare Luterani, Calvinisti e Cattolici sulla base della Bibbia, della fede dei primi cinque secoli e del Simbolo Apostolico. Cf Ecumenismo; Religioni comparate; Scuola della storia delle religioni; Simbolo apostolico.
La Chiesa d'Oriente designa con questo termine la cooperazione di Dio e degli esseri umani in fatto di grazia e di libertà. Questa dottrina è stata alle volte ritenuta « semipelagiana » in quanto sembra intaccare la sovranità assoluta di Dio nell'intero processo della salvezza umana, dal primo passo verso la conversione fino alla perseveranza finale. In realtà, questa critica suppone erroneamente che Dio e gli esseri umani siano antagonisti, mentre si deve riconoscere che gli esseri umani sono resi capaci di pentirsi e di produrre i frutti di conversione liberamente mediante la grazia di Dio. Una teoria affine a quella del sinergismo è stata sviluppata dal teologo luterano Filippo Melantone (1497‑1560) e ha incontrato la stessa critica (infondata). Cf Semipelagianesimo.
Teoria della teologia orientale secondo cui la Chiesa e lo Stato dovrebbero agire all'unisono per la gloria di Dio. Cf Chiesa e Stato; Fonti del Diritto Canonico Orientale; Teocrazia.
Assemblea di vescovi e altri che si riuniscono per trattare materie riguardanti la dottrina e la prassi della Chiesa. Il nome è applicato a qualsiasi assemblea ufficiale, da un sinodo diocesano fino ad un concilio ecumenico (CD 36‑38). Cf Collegialità; Concilio ecumenico.
Assemblea di vescovi che rappresentano tutte le Conferenze Episcopali e che si incontrano di solito ogni tre anni a Roma nel mese di ottobre. Il suo scopo è quello di promuovere l'unione collegiale tra i vescovi e il papa informandolo su materie di fede, morale e disciplina ecclesiastica (CD 5; CIC 342‑348). Il Sinodo del 1987 trattò della vocazione e missione dei Laici; quello del 1990 della formazione dei Presbiteri; quello del 1994 della vita consacrata e della sua missione. Cf Collegialita; Conferenza Episcopale.
Assemblea ufficiale di presbiteri e laici radunati dal vescovo di una diocesi particolare perche lo aiutino nel governo di quella diocesi (CIC 460‑468). Cf Diocesi; Ordinario; Vescovo.
Un Sinodo convocato da Giustiniano II e tenutosi a Costantinopoli (692), nel trullus (Gr. « stanza a cupola ») del palazzo imperiale. Il suo intento era quello di trattare alcuni problemi canonici, in quanto il quinto concilio ecumenico, il Costantinopolitano II (553), e il sesto, il Costantinopolitano III (680‑681), non avevano emanato misure disciplinari. Per questo motivo, questo sinodo è chiamato spesso il Quinisesto (Lat. « quinto e sesto »). La legislazione trattò di impedimenti del matrimonio, dell'età dell'ordinazione del matrimonio dei chierici e dell'abito ecclesiastico. Proibiva anche di rappresentare Gesù sotto l'immagine di un agnello, considerata un'aberrazione monofisita. Nello stesso tempo, ci fu un'allusione all'iconoclasmo incipiente. Dal punto di vista del diritto canonico orientale, il Sinodo fu uno dei più importanti, anche se incontrò resistenze nello stesso Oriente e la sua legislazione non venne mai approvata da Roma. Solo il papa Adriano I (papa dal 772 al 795) diede una qualche approvazione a questi canoni dopo che furono erroneamente presentati come canoni del Costantinopolitano III. Cf Concilio Costantinopolitano II; Concilio Costantinopolitano III; Fonti del Diritto canonico orientale; Iconoclasmo; Islamismo; Monofisismo.
Cf Vangeli sinottici.
Sono quei sistemi teologici che cercano di spiegare come l'assoluta libertà di Dio nel conferire la grazia e nell'anticipare le decisioni umane non compromette la collaborazione e la responsabilità dell'uomo. Cf Molinismo; Predestinazione; Semi‑pelagianesimo; Sinergismo; Teologia apofatica.
Termine divulgato da Hermann Gunkel (1862‑1932) e da altri pionieri della critica delle forme. Si riferisce alla funzione che una particolare unità biblica (per es., un inno, un detto o un racconto) può avere avuto nella vita e nel culto della comunità. Riguardo al NT, si riferisce specialmente al modo con cui le tradizioni specifiche riguardo al Gesù terreno si sono formate e tramandate (oralmente o forse alle volte con scritti) durante il periodo dopo la Pentecoste fino a quando Marco e gli altri evangelisti hanno scritto i vangeli (dal 30 al 67 circa dopo Cristo). Alle volte, gli studiosi parlano del « Sitz im Leben Jesu »: intendono parlare delle circostanze storiche in cui Gesù ha narrato una parabola, ha guarito un infermo o ha pronunciato una data sentenza. Cf Critica biblica.
Termine che fu usato da Jurij Samarin (1819‑1876) nella traduzione russa delle opere inglesi e francesi di Alexej Chomjakow (1804‑1860), un ortodosso russo laico e teologo. Lo si può rendere con « conciliarità » o « collegialità » (dal russo: sobor che significa « riunione », « sinodo »). A partire dal secolo XI, la parola « soborny » era stata usata nella versione slavonica del Credo per tradurre « cattolica » in « Chiesa cattolica ». Chomjakow usò sobornost per indicare i caratteri distintivi della Chiesa Ortodossa: la collaborazione amorosa dei fedeli e della gerarchia nella loro vita, nella loro fede e nel loro culto. Sostenne che i cattolici avevano l'unità ma senza la libertà; i protestanti, la libertà ma senza l'unità, mentre gli Ortodossi avevano la libertà nel vincolo dell'amore. Sobornost corrisponde alla collegialità di tutti i membri della Chiesa. Cf Cattolicità; Chiese Orientali; Collegialità; Ortodossi; Sinodo.
Cf Dottrina sociale.
Si chiama così un gruppo di cristiani fondato da George Fox (1624‑1691) che si staccò dalla Chiesa Anglicana. Essi sono descritti come « amici della verità », ma popolarmente sono conosciuti come « Quaccheri », perché nell'ascoltare la Parola di Dio davano l'impressione di tremare (inglese: « quake »). La loro dottrina insiste sulla luce interiore del Cristo vivente e su una Chiesa basata sul sacerdozio dei fedeli, sia uomini che donne, col conseguente rifiuto dei sacramenti e dei ministeri ordinati. Ci sono, però, degli « Anziani » che guidano la Congregazione nella preghiera e degli « Ispettori » che vigilano sull'osservanza dell'ordine nella Chiesa. I Quaccheri sono famosi anche per la loro opposizione alla guerra. Cf Comunione anglicana.
Un sistema religioso che nega la Trinità e la divinità di Cristo. Il suo nome gli viene dall'italiano Lelio Francesco Maria Socini (1525‑1562) e da suo nipote Fausto Paolo Socini (1539‑1604) (cf DS 1880; FCC 5.002). Fausto Socini trascorse l'ultima parte della sua vita in Polonia. Molti sociniani finirono per unirsi con altri e formarono la Chiesa Unitaria. Cf Trinità immanente; Unitarianesimo.
a) Un'interpretazione dell'incarnazione e redenzione secondo cui Cristo, accettando liberamente la morte, compì una soddisfazione « vicaria » per l'offesa recata dal peccato alla maestà divina. Sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109) sviluppò la versione classica di questa visuale ed ebbe numerosi seguaci nel Medioevo, nel periodo della Riforma e anche dopo. Cristo (e solo Cristo), essendo senza peccato, uomo e Dio, poteva soddisfare sufficientemente a nome dell'umanità per il disonore infinito che il peccato aveva recato a Dio. La teoria anselmiana è stata falsamente criticata perché avrebbe enfatizzato gli elementi legalisti e punitivi. Però, un punto debole sta nel fatto che Anselmo interpreta la redenzione senza tener conto della risurrezione (cf Rm 4,25).
b) Per « soddisfazione » si intende anche la terza fase (dopo la contrizione e l'accusa) del sacramento della riconciliazione: la penitenza imposta dal sacerdote per riparare in maniera minima il danno causato dal peccato e ricevere ulteriormente la grazia sanante di Dio.
Cf Confessione; Contrizione; Espiazione; Incarnazione; Redenzione; Riparazione; Riscatto; Sacramento della penitenza.
È la questione se Dio può di fatto soffre, o se rimane « impassibile » di fronte alla miseria umana. Mentre Dio non può cambiare e soffrire nella natura divina, il Figlio di Dio incarnato, a motivo della sua natura umana, ha sofferto ed è morto su una croce. Questa morte atroce ha manifestato una volta per sempre l'interesse amoroso di Dio e una reale solidarietà per gli esseri umani nelle loro pene e sofferenze. Cf Controversia teopaschita; Impassibilità; Mistero del male; Patripassianismo; Teologia del processo.
Un assioma fondamentale che Martin Lutero (1483‑1546) ha dato alla Riforma protestante. La giustificazione viene dalla fede in Gesù Cristo (Rm 1,17) e non dalle opere della legge (Rm 3,28). Cf Fede; Giustificazione; Legge e Vangelo; Merito; Protestante.
Un principio basilare dei Riformatori protestanti che esprime come un dato di fatto la stessa convinzione del principio « sola fede ». Noi siamo giustificati unicamente dalla misericordia di Dio e dai meriti di Cristo al quale aderiamo mediante la fede. Non siamo giustificati dall'osservanza della legge e dalle opere meritorie. Anche la teologia cattolica insegna l'assolutezza della grazia di Dio, ma ammette pure l'importanza della « collaborazione » umana con e nell'ambito dell'iniziativa onnicomprensiva dell'opera di Dio. Dio e gli esseri umani non sono in competizione: ogni successo umano ha necessariamente Dio come ispiratore e sostegno. Cf Fede e opere; Giustificazione; Imputazione; Pelagianesimo; Santificazione; Semi‑pelagianesimo; Sinergismo.
Anche questo è un principio della Riforma che viene da Martin Lutero (1483‑1546). Esso afferma che la suprema autorità religiosa sta nella Parola di Dio come è attestata nella Scrittura. In questo senso, il principio può accordarsi con l'affermazione del Concilio Vaticano II dove si dice che il Magistero della Chiesa « non è superiore alla parola di Dio, ma ad essa serve » (DV 10). Non è invece accettabile (e addirittura impraticabile) se è preso nel senso di escludere il ruolo interpretativo ed attualizzante della tradizione (DV 9, 21, 24). Cf Bibbia; Magistero; Rivelazione; Scrittura e Tradizione; Sufficienza della Scrittura; Tradizione.
Un corpo vivente (Mc 5,29), o un cadavere (Mc 15,43). Contrariamente al platonismo e al neoplatonismo, il concetto biblico di « sòma » non indica nessuna avversione alla materia, come se l'anima fosse imprigionata nel corpo. Nelle lettere di san Paolo, a differenza di sarx (Gr. « carne »), che può indicare l'essere umano nella sua globalità in quanto tendente al peccato, sòma ha un significato più neutrale. Può riferirsi semplicemente al corpo in quanto distinto dall'« anima » o « spirito » (1 Ts 5,23). Sòma è usato per indicare il corpo di Cristo nell'eucaristia (Mc 14,22; 1 Cor 11,24), il corpo di Cristo che è la Chiesa (Rm 12,4‑5; 1 Cor 12,12‑27) e il nostro corpo terrestre che sarà glorificato e « spiritualizzato » mediante la risurrezione (1 Cor 15,35‑58; Fil 3,21). Cf Corpo di Cristo; Eucaristia; Risurrezione; Sarx.
a) Una conoscenza pratica ed una capacità di discernimento, rappresentata classicamente nell'AT da Salomone (1 Re 3,1‑28; 4,9‑14). Rivelata attraverso la creazione e la storia umana (Sap 10,1-19,22), la hokmàh (Ebr. « sapienza ») è personificata come agente di Dio nella creazione e come profeta (Prv 8,1‑36) che invita al suo banchetto coloro che non sono ancora sapienti (Prv 9,1‑6). La sapienza è una guida sicura e benefica per la vita (Sap 6,1-9,18). Il NT ravvisa nella sapienza una prefigurazione di Cristo (Mt 12,42; 1 Cor 1,24‑30; Col 2,3). È, però, una sapienza che si esprime nella follia della croce (1 Cor 1,17‑25).
b) Per i Valentiniani, e per alcuni altri antichi gnostici, la Sophia Prounicos e la Sophia Achamoth avevano un importante ruolo cosmologico ed ecclesiale.
c) La chiesa più famosa d'Oriente era la chiesa Aghìa Sophia, o Santa Sophia, dedicata a Cristo come personificazione della sapienza. Costruita a Costantinopoli e consacrata sotto l'imperatore Giustiniano I nel 538, Santa Sophìa divenne un modello per molte altre chiese bizantine. Dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, divenne una moschea e in seguito un museo.
d) Una sophiologia (Gr. « studio della sapienza ») o teologia in chiave di sapienza fu sviluppata da teologi russi come Vladimir Solovi'ev (1853‑1900), Sergei Bulgakov (1870‑1944), e Pavel Florenskij (1882‑circa 1937). Cf Cristologia; Creazione; Doni dello Spirito Santo; Gnosticismo; Letteratura sapienziale; Stolti per amore di Cristo; Valentiniani.
Termine coniato dallo Pseudo‑Dionigi Areopagita (circa 500) per indicare Dio, il quale è sopra le nostre categorie, le nostre esperienze e la nostra natura. A partire dal Medioevo, il termine si riferisce alla libera e amorosa autodonazione di Dio che già nella vita della grazia ci innalza al disopra di ciò che è dovuto alla nostra natura umana e ci prepara alla vita di gloria. Cf Grazia; Esistenziale soprannaturale; Natura.
Una realtà che rimane la stessa sotto i cambiamenti e le caratteristiche (spesso mutevoli) che ineriscono in essa. Una sostanza (Lat. « realtà che sta sotto ») può esistere in sé, mentre gli accidenti (Lat. « che accadono ») possono esistere soltanto in una sostanza, e non indipendentemente. Cf Accidente; Aristotelismo; Natura; Omooùsios; Persona; Transostanziazione.
Interpretazione sistematica dell'opera salvifica di Cristo per gli esseri umani e per il mondo. Cristo è morto e risorto per salvare l'umanità peccatrice (Mc 14,24; Gv 11,49‑52; Rm 4,25; 5,6‑11; 1 Cor 15,3; 1 Pt 1,3). Il NT tiene insieme inseparabilmente la funzione salvifica e l'identità personale di Cristo come Figlio di Dio. Il NT, come applica vari titoli cristologici a Gesù, così intende la sua azione salvifica in una varietà di modi, soprattutto come liberazione vittoriosa, espiazione e amore trasformante (Gv 1,29; 13,1; 16,33). Sotto l'influsso di Filippo Melantone (1497‑1560) e altri, la riflessione sull'opera salvifica di Cristo è stata spesso separata dalla cristologia. Anche certi trattati di soteriologia hanno esaminato la salvezza « oggettiva » separata dalla sua appropriazione « soggettiva » mediante la grazia. In genere, la recente teologia occidentale ha cercato di porre fine al divorzio tra la soteriologia e la cristologia. Cf Amore; Cristologia; Economia; Espiazione; Grazia; Redenzione; Riscatto; Salvezza; Soddisfazione.
L'attesa attiva delle benedizioni future (1 Cor 15); si fonda sulla fede e si esprime mediante l'amore (1 Cor 13,13). La speranza risponde alle promesse di Dio comunicate nella storia dell'AT e del NT, in particolare nella storia dell'esodo dall'Egitto, nella risurrezione di Cristo dai morti (1 Pt 1,3; 2 Cor 1,9‑11; Eb 6,19‑20) e nel dono dello Spirito Santo. Con la speranza, noi andiamo oltre alla nostra attuale esistenza incompleta per anticipare il futuro pieno del regno finale di Dio e la risurrezione liberatrice dell'intero creato (Rm 8,18‑25). Lungi dall'incoraggiare l'attesa passiva dell'intervento definitivo di Dio, la speranza autentica obbliga i cristiani ad assumersi le responsabilità nel mondo e a lavorare qui e ora per una maggiore giustizia e pace (GS 21, 34, 39, 43). Cf Escatologia; Virtù teologali.
Parola usata nel greco profano per un sigillo ufficiale (per es., quello dell'imperatore) o come segno che indica il proprietario di qualcosa (cf anche Ap 5,1‑9; 6,1‑12). Nel linguaggio dei Padri Greci, il termine si riferisce alla croce fatta sui catecumeni durante il rito del battesimo per indicare che appartengono a Cristo. Sphraghìs si riferisce anche a ciò che i Latini chiamano il carattere sacramentale. Cf Battesimo; Carattere.
Termine tecnico basato su Gv 3,8 e usato nella dottrina trinitaria per indicare il modo con cui lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Il NT chiama lo Spirito Santo lo « Spirito del Padre » (Mt 10,20) e lo « Spirito del Figlio » (Gal 4,6). La teologia latina aggiunge che lo Spirito è « spirato » da entrambi (cf DS 850; 1300; FCC 6.069‑6.070), distinguendo la spirazione attiva da quella passiva. La spirazione attiva, essendo comune al Padre e al Figlio, non costituisce un'altra persona, mentre la spirazione passiva è un altro nome per indicare lo Spirito Santo che è « spirato », ma non « spira ». In questo modo, la Chiesa Latina distingue tra la spirazione per opera del Padre che è principio senza principio, e origine senza origine, e la spirazione per opera del Figlio che è principio originato da un altro principio, e cioè, dal Padre. La maggior parte dei teologi della Chiesa greca negano, però, la partecipazione del Figlio come origine nella processione dello Spirito in quanto intaccherebbe la « monarchia » (Gr. « unico principio ») o origine senza origine del Padre. Il Concilio di Lione II (1274) e quello di Firenze (1439) hanno precisato che lo Spirito Santo è spirato dal Padre e dal Figlio come un unico principio (DS 850; 1300; FCC 6.069‑6.070) Cf Concilio di Lione II; Concilio di Firenze; Filioque; Processioni; Relazioni Divine.
Sistema di pratiche basate sulla credenza che le anime dei defunti possono comunicare coi vivi, specialmente con l'aiuto di un medium. Mentre gli sforzi per venire a contatto coi morti erano abbastanza comuni nel passato (per es., 1 Sam 28,3‑25), lo spiritismo moderno risale al 1848 e alle esperienze anormali che Margaret e Kate Fox ebbero a Hydesville, New York. Il loro influsso propagò le sedute coi mediums nell'America del Nord e nelle Isole britanniche. Lo spiritismo è stato spesso caratterizzato da frode e da sfruttamento commerciale. Nel 1882, Federico W. H. Meyers fondò la Società di ricerche psichiche a Londra. La Società esiste ancora e studia fenomeni parapsichici e anormali. Però, il mondo degli scienziati è generalmente ancora riluttante a riconoscere la parapsicologia come una scienza genuina.
Cf Anima; Spirito Santo.
È la terza Persona della Trinità, adorata e glorificata insieme al Padre e al Figlio, in quanto uno nella natura ed uguale in dignità personale con il Padre e il Figlio. Il Concilio di Braga (675), o possibilmente il terzo Sinodo di Toledo (589) aggiunse al Simbolo Costantinopolitano, che diceva che lo Spirito Santo procede dal Padre: « e dal Figlio » (Filioque). Le prime formulazioni orientali erano d'accordo nel ritenere che lo Spirito Santo non era generato come lo è, invece, il Figlio, ma procede dal Padre « attraverso il Figlio » (= per Filium). L'opera della santificazione, comune alle tre Persone divine, è attribuita o « per appropriazione » allo Spirito Santo, in quanto essa comporta l'autodonazione dello Spirito (Gv 20,22; Rm 5,5). Sia sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) sia san Cirillo di Alessandria (morto nel 444) sostennero la divinità dello Spirito Santo proprio per il fatto che lo Spirito ci rende simili a Dio col divinizzarci o santificarci. La divinità dello Spirito Santo fu affermata nel Concilio Costantinopolitano I nel 381. Cf Appropriazione; Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Firenze, Filioque; Pneumatologia; Teologia Trinitaria; Trinità Immanente.
Pratica sistematica e riflessione su una vita cristiana di preghiera, devozione e disciplina. Nella sua pratica, la spiritualità cristiana ha sempre richiesto una vita ascetica e di preghiera in cui una guida spirituale e la luce dello Spirito Santo aiutino a discernere la direzione che devono prendere i singoli e le comunità (1 Ts 5,19‑22; 1 Gv 4,1). Le scuole o correnti di spiritualità hanno seguito spesso i carismi di Ordini religiosi come i Benedettini, Carmelitani, Certosini, Domenicani, Francescani e Gesuiti. Come campo di studio, la spiritualità abbraccia elementi teologici (compresi quelli liturgici), scritturistici, storici, psicologici e sociologici. Cf Asceti; Contemplazione; Devozione; Discernimento degli spiriti; Esicasmo; Esperienza religiosa; Grazia; Imitazione di Cristo; Mistica; Monachesimo; Pneumatologia; Preghiera; Spirito Santo.
Monaco che conduce una vita contemplativa e a cui si rivolgono per direzione spirituale i giovani monaci e i fedeli. Questo tipo di direzione è stato importante nella storia religiosa della Russia, ed anche fra i Greci che chiamano il direttore spirituale ghèron (gr. « vecchio »). Cf Apophthègmata Patrum; Spiritualità.
Cf Theologia Crucis.
Una scuola di filosofia fondata da Zenone di Cizio (335‑263 a.C.) e che prese il nome da stoà o portico di Atene dove veniva insegnata. Lo stoicismo proponeva una armonia tra l'essere umano come microcosmo (gr. « piccolo mondo ») e il macrocosmo (Gr. « grande mondo »). Il Lògos (ragione o anima del mondo) governava l'universo; gli esseri umani avevano bisogno soltanto di controllare le loro passioni per vivere in sintonia con la natura e le sue leggi. Lo stoicismo, che era primariamente una filosofia morale, professava una cosmologia panteistica in cui Dio e la divina energia pervadevano ogni cosa. Dominante per vari secoli fra gli intellettuali nel mondo greco‑romano, lo Stoicismo ebbe tra i suoi aderenti Seneca (circa 4 a.C. ‑ 65 d.C.) e l'imperatore Marco Aurelio (121‑80 a.C.). Si può vedere il suo influsso sulla teologia cristiana dei primi secoli già in san Giustino Martire (circa 100‑165) che adottò la distinzione stoica tra Lògos endiàthetos (Gr. « parola immanente ») e Lògos prophorikós (Gr. « parola proferita ») per interpretare Dio ed il processo di rivelazione con cui il Padre esprime la Parola. Certi concetti stoici hanno esercitato qualche influsso sui Padri Cappadoci e nelle controversie trinitarie e cristologiche. La tradizione cristiana della legge naturale deve molto allo stoicismo. Cf Apologisti; Cosmologia; Immanenza; Leggi naturali; Lògos; Padri Cappadoci; Panteismo.
Una categoria di santi di cui sono devoti in modo particolare ma non esclusivo i cristiani orientali e che hanno preso sul serio le parole di san Paolo : « Noi stolti a causa di Cristo... » (1 Cor 4,10; cf 1 Cor 1,18‑19.25; 3,18‑19; 2 Cor 6,8; Mt 5,11). Questo tipo di santità è già noto negli Apophthègmata Patrum. In greco, lo stolto per amore di Cristo è chiamato salos (probabilmente dal siriaco che traduce 1 Cor 4,10 con « saklà »). Tra i Greci il più amato di questi santi è forse il leggendario sant'Andrea di Costantinopoli (decimo secolo?), la cui vita è associata con la grande festa orientale chiamata « Pokrov Bogomateri » (Russo: « Protezione della Theotòkos »). La terra per eccellenza degli « stolti » è la Russia, dove lo stolto per amore di Cristo è chiamato «jurodivij »; si citano come esempi sant'Isacco Zatvornik (morto nel 1090) e san Basilio il Benedetto (morto nel 1552). Da ciò che può sembrare una semplice caricatura della santità reale, questi stolti per amore di Cristo sfidano profeticamente i falsi valori della società e la superficialità di molti cristiani. Tra i santi d'Occidente conosciuti per la loro santa stoltezza, si possono annoverare san Francesco d'Assisi (circa 1181‑1226), san Filippo Neri (1515‑1595) e san Benedetto Giuseppe Labre (1748‑1783). Il tema della santa stoltezza ha ispirato opere classiche di letteratura, come l'opera Blanquerna di Raimono Lullo (circa 1233 ‑ circa 1315), il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes (1547‑1616), l'Idiota, di Fiodor Dostoyevsky (1821‑1881), come anche vari personaggi nelle opere di Alexander Pushkin (1799‑1837) e di Leone Tolstoi (1828‑l910). Cf Apatìa; Apoghthègmata Patrum; Croce; Escatologia; Letteratura sapienziale; Santità; Santo; Theologia Crucis.
Consiste nel ricodare e nello studiare gli eventi importati delle vicende umane sul piano locale, nazionale, internazionale o mondiale. Gli storici moderni, sviluppando l'uso attento dell'evidenza partendo dal passato databile, sono giunti a riconoscere come i presupposti, i metodi e il ruolo inevitabile dell'interpretazione mostrino fallace l'intento di scrivere una storia puramente « oggettiva » e « scientifica ». Molti hanno anche abbandonato qualsiasi speranza di realizzare un sistema coerente che descriva e spieghi il significato, la direzione e l'unità di tutta la storia. Come religione storica, il cristianesimo è legato a una serie di eventi e personaggi specifici, e soprattutto a Gesù e agli eventi in cui fu implicato. Egli venne nella « pienezza del tempo » (Gal 4,4), portando al vertice definitivo l'autocomunicazione di Dio (DV 4). La Chiesa vive ora nell'attesa della fine (LG 48‑51), quando la parusia di Cristo, ossia la sua seconda venuta, terminerà e porterà la storia del mondo al suo pieno compimento (1 Cor 15,20‑28; Tt 3,1‑7). Come gli Israeliti (Es 20,1; Dt 26,5‑9), i cristiani accettano una rivelazione salvifica di Dio mediata dalla storia umana. Essi esperimentano la propria storia come fondata e nutrita dalla storia di Gesù. La loro fede non è semplicemente convalidata dall'indagine storica, ma anche confermata da segni storici e li esorta ad essere protagonisti attivi nella storia. Questa fede accetta la guida divina, il significato e l'unità dell'intera storia umana, anche se non è possibile discernere con tutta chiarezza le componenti di questa storia totale. Dal livello singolo a quello globale, rimane vero che « Dio scrive diritto anche su righe storte ». Cf Escatologia; Gesù storico; Parusìa; Storia della salvezza; Teologia della liberazione.
L'intera storia dell'umanità e del mondo vista come il dramma della redenzione che va dalla creazione alla parusìa e che trova il suo centro in Cristo (Ef 1,3‑14; Col 1,15‑20). Sviluppata da studiosi protestanti come Johann Christian Konrad von Hofmann (1810‑1877), il tema della storia della salvezza ha fornito la chiave per la teologia dell'AT di Gerhard von Rad (1901‑1971), in cui presenta la storia d'Israele come fu confessata dapprima nelle antiche professioni di fede (Dt 26,5‑9; Gs 24,2‑13). Questa storia della salvezza è segnata da attese sempre più crescenti come promesse divine tese al compimento futuro. Per Oscar Cullmann (nato nel 1902), la realtà degli eventi esterni è fondamentale per gli atti salvifici di Dio che raggiungono in Cristo il loro vertice. Lo schema della storia della salvezza di Luca, che presenta Cristo come il centro del tempo, è per Cullmann il cuore della teologia del NT. Il Concilio Vaticano II parlò del tema della storia della salvezza, intendendola praticamente come storia della rivelazione (DV 2‑4; 14‑15; AG 3). Cf Parusìa; Professione di fede; Profeta; Redenzione; Rivelazione; Salvezza; Speranza.
È lo studio ordinato che cerca di capire e interpretare la rivelazione. Questo studio va dal NT al Concilio Vaticano II e al post‑concilio. Più dei loro predecessori veterotestamentari, san Paolo, san Giovanni, san Luca e gli altri autori del NT hanno lasciato visuali e approcci teologici ispirati, ma non trattazioni sistematiche strutturate mediante l'uso della filosofia. Con gli Apologisti e la lotta contro l'agnosticismo, la cultura greca cominciò a fornire alla teologia cristiana un linguaggio e concetti filosofici. La teologia dei Padri della Chiesa, rimanendo caratteristicamente biblica, liturgica, dossologica, catechetica e pastorale, fu sviluppata spesso attraverso grandi controversie, specialmente quelle trinitarie e i dibattiti cristologici del IV e V secolo. Col suo genio e col suo stile, sant'Agostino di Ippona (354‑430) influì massicciamente sull'insegnamento posteriore circa temi come il peccato, la grazia, i sacramenti e la Trinità. Sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109) lanciò la Scolastica che fu perfezionata da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274) con la sintesi della filosofia aristotelica e platonica a servizio dei dati rivelati. Assieme alla teologia accademica delle nuove università, la teologia monastica di san Bernardo di Chiaravalle (1090‑1153) e di altri continuò la tradizione spirituale e liturgica dei Padri. La Scolastica decadde nel nominalismo del tardo Medioevo. Il neo‑umanesimo sviluppato da studiosi come Erasmo di Rotterdam (1469‑1536) e la stessa Riforma rivoluzionarono lo studio della Bibbia e della patristica. Per i cattolici, il Concilio di Trento (1545‑1563) fornì una base chiara per la teologia successiva che ebbe personaggi rappresentativi come Giovanni da san Tommaso (1589‑1644), Dionigi Petavio (1583‑1652), Francesco Suarez (1548‑1617) e Gabriele Vàsquez (1549‑1604). Prima la filosofia illuministica e poi la critica biblica e storica del XIX secolo, la teoria dell'evoluzionismo, varie forme di socialismo e le nuove discipline di psicologia e sociologia portarono sfide massicce ai teologi cristiani. Non solo il grande progresso negli studi filosofici e patristici, ma anche i movimenti biblici, ecumenici e liturgici hanno ridato vita alla teologia cattolica nel secolo XX, particolarmente in Francia, Germania e Paesi Bassi. Assieme ai grandi maestri protestanti come Karl Barth (1886‑1968), Rudolf Bultmann (1884‑1976) e Paul Tillich (1886‑1965) e teologi ortodossi come Sergio Bulgakov (1871‑1944) e Vladimir Lossky (1903‑1958), teologi cattolici come Yves Congar (nato nel 1904) e Karl Rahner (1904‑1984) guidarono il rinnovamento cattolico. A partire dal Vaticano II, la teologia, sia quella cattolica che quella non cattolica, è divenuta più antropologica, più dialogica e più spirituale. La teologia non è più come una volta un monopolio clericale ed europeo e si sta sviluppando vigorosamente in America, Asia e altrove. Cf Agostinianismo; Apologisti; Aristotelismo; Calvinismo; Concilio di Trento; Concilio Vaticano I; Concilio Vaticano II; Dottore della Chiesa; Dòxa; Giansenismo; Gnosticismo; Illuminismo; Luteranesimo; Modernismo; Movimento di Oxford; Neopalamismo; Neoplatonismo; Neoscolastica; Neotomismo; Origenismo; Padri della Chiesa; Palamismo; Platonismo; Protestantesimo liberale; Riforma (La); Scolastica; Scotismo; Stoicismo; Teologia alessandrina; Teologia antiochena; Teologia della liberazione; Teologia dialettica; Teologia kerigmatica; Tomismo; Tre Teologi (I); Tubinga e le sue scuole; Umanesimo.
Questo metodo è stato sviluppato da Ferdinand de Saussure (1857‑1913) nell'area della linguistica, usato da Claude Lévi‑Strauss (nato nel 1908) per analizzare i miti delle società tradizionali, ed applicato in discipline come la psicologia e la sociologia. Nell'esegesi biblica, lo strutturalismo non s'interessa della genesi di un testo e del significato inteso dall'autore (= esegesi storica), né dei lettori e della loro ricerca di auto‑comprensione (= esegesi esistenziale): lo strutturalismo s'interessa del significato veicolato dal testo medesimo. Questo metodo riflette sulle strutture profonde della funzione narrativa e simbolica del linguaggio (per es. nelle parabole). Cf Critica biblica; Ermeneutica; Esegesi; Esistenzialismo; Sensi della Scrittura.
Questa eresia consiste nell'assegnare al Figlio una situazione inferiore al Padre e nel considerare lo Spirito Santo inferiore sia al Padre che al Figlio. Quando la dottrina trinitaria non era ancora chiarita e i teologi si stavano sforzando di salvaguardare la monarchia (Gr. « solo principio ») del Padre, la tendenza ad interpretare il Figlio e lo Spirito come agenti subordinati di un Padre assolutamente trascendente fu manifestata da san Giustino Martire (circa 100 ‑ circa 165), Taziano (morto verso il 160), sant'Ireneo di Lione (circa 130 ‑ circa 200), san Clemente Alessandrino (circa 150 ‑ circa 215) e soprattutto da Origene (circa 185 ‑ circa 254). Negando che il Figlio fosse realmente e pienamente divino per natura, Ario (circa 185 ‑ circa 254) portò il subordinazionismo ad un estremismo eretico che fu condannato nel 325 nel Concilio Niceno I (cf DS 125‑126; FCC 0.503‑0.504). Quando gli pneumatomachi (Gr. « che combattono lo Spirito ») sostennero un subordinazionismo del genere dichiarando che lo Spirito Santo era una creatura del Figlio, il Concilio Costantinopolitano I (381) affermò che lo Spirito è uguale in dignità al Padre e al Figlio e con essi va adorato e glorificato (cf DS 150; FCC 0.500). Cf Arianesimo; Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Nicea I; Macedonianesimo; Monarchianismo; Omooùsios; Pneumatomachi; Teologia Trinitaria.
È la continuità ininterrotta per quanto riguarda l'essenziale della fede e della pratica tra la Chiesa di oggi e la Chiesa fondata da Gesù Cristo per mezzo degli apostoli. Si esprime questa visibilità col chiamare i vescovi successori degli apostoli. Come segno visibile di questa successione e dell'unione di ogni singolo vescovo con gli altri vescovi, i vescovi consacranti impongono le mani sul vescovo consacrando. Cf Apostolo; Ministero petrino; Vescovo.
Un ministro della Chiesa che eraè avviato a diventare diacono permanente o diacono e poi prete. I suddiaconi esistevano già nel III secolo. Considerato un sacramentale più che un sacramento, il suddiaconato fu abolito in Occidente col Concilio Vaticano II. Nelle Chiese Orientali, è considerato un Ordine minore, ed il compito del suddiacono consiste principalmente nell'assistere il vescovo durante le cerimonie. CfClero; Diacono; Sacramentale.
Consiste nel ritenere la Scrittura pienamente adeguata a comunicare la rivelazione fondante che ha raggiunto la sua pienezza assoluta ed insuperabile con Cristo e nella Chiesa del NT. Finché i cristiani concepivano la rivelazione primariamente come un corpo di verità (al plurale) svelate da Dio, la questione della sufficienza era duplice:
- Le Scritture « contengono » tutte queste verità rivelate (= sufficienza materiale)?
- Sono le Scritture « formalmente » sufficienti, nel senso che si trova già in esse l'interpretazione adeguata?
Riconoscendo il ruolo della Tradizione (e del Magistero) nel « canonizzare », interpretare, applicare ed attualizzare le Scritture, anche quei cattolici che accettavano la sufficienza materiale delle Scritture respingevano la loro sufficienza formale.
Quando, però, il Concilio Vaticano II presentò la rivelazione primariamente come l'auto‑manifestazione a noi del Dio Uno e Trino (DV 2‑6), non sembrò più appropriato parlare di questa realtà divina come « contenuta » in qualcosa, siano pure le Scritture. Perlomeno, il considerare la rivelazione come un evento interpersonale rende difficile indagare sulla sufficienza « materiale » delle Scritture per vedere se « contengono » o « non contengono » tutte le verità rivelate. Cf Canone delle Scrittura; Deposito della fede; Magistero; Rivelazione; Scrittura e Tradizione; Sola Scrittura; Tradizione.
Sommario sistematico di ciò che è conosciuto in un dato campo, come per esempio la teologia. Nel Medioevo, una summa si distingueva dagli opuscula (Lat. « piccole opere ») che dibattevano questioni particolari, e dalle Sentenze o raccolte di dottrine dei Padri della Chiesa su argomenti vari. Tra coloro che hanno prodotto qualche Summa vanno ricordati: sant'Alberto Magno (circa 1200‑1280), Alessandro di Hales (circa 1170‑1245) e san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274). Con la Summa contra Gentiles e la Summa Theologiae, san Tommaso ha seguito brillantemente un metodo dialettico che consiste nel presentare anzitutto due affermazioni evidentemente contraddittorie prima di sviluppare la propria risposta a una data questione. Cf Scolastica.
È un principio confermato massicciamente dalla dottrina sociale della Chiesa secondo cui le decisioni e attività che appartengono naturalmente ad un livello inferiore non dovrebbero essere portate ad un livello superiore. Nella vita sociale e civile ciò significa, per esempio, che gli organi centrali di uno Stato non dovrebbero intervenire senza necessità al livello locale. Il Concilio Vaticano II si è appellato al principio di sussidiarietà nel trattare della cooperazione internazionale in fattori economici (GS 86) e nell'indicare i limiti della responsabilità dello Stato in fatto di educazione (GE 3, 6). All'interno della Chiesa, la sussidiarietà è stato un principio operativo in molte riforme post‑conciliari. Cf Chiesa e Stato; Dottrina sociale; Educazione.
La crescita nell'insegnamento della Chiesa fin dall'età apostolica. Lo sviluppo autentico esige identità‑nel‑cambiamento tra il nuovo insegnamento e il deposito originale della fede o rivelazione che ha raggiunto il suo apice con Cristo. I Padri paragonavano l'identità‑nel‑cambiamento a un bambino che si sviluppa e diventa adulto pur rimanendo la stessa persona. Per la soluzione di questo problema, molto dipende dalla teoria che uno ha circa la comprensione e l'interpretazione. Cf Deposito della Fede; Dottrina; Tradizione.
Crescita nel vivere e nel comprendere la fede cristiana in seguito allo sviluppo della maturità umana. San Paolo fa notare come abbia superato lo stadio infantile (1 Cor 13,11) e interpreta la vita di fede come una trasformazione del nostro essere in Cristo secondo la sua immagine « di gloria in gloria » (2 Cor 3,18). Le prove assaggiano e perfezionano la fede (Gc 1,2‑12) e la « correzione » fa crescere in santità (Eb 12,5‑13). La maturazione nella fede richiede non solo una vita sacramentale piena, la costanza nella preghiera e nell'amore concreto verso i bisognosi, ma anche un regolare studio della rivelazione cristiana che proceda di pari passo con la crescita intellettuale. Cf Catechesi; Mistagogia; Neo‑catecumenato; Perfezione; Santificazione; Sviluppo morale.
La crescita nella consapevolezza delle proprie responsabilità e una maturazione corrispondente nella libertà personale. L'insegnamento ufficiale della Chiesa parlava dei bambini che raggiungono « l'uso di ragione » verso i sette anni e che cominciano allora ad agire come esseri umani responsabili. La psicologia contemporanea, però, ha illustrato come spesso i fanciulli agiscono sotto costrizione e solo lentamente interiorizzano i princìpi morali per cominciare ad agire liberamente come persone responsabili. Le comunità cristiane devono curare le condizioni che favoriscono lo sviluppo della responsabilità morale in piena libertà. Cf Sviluppo della fede; Teologia morale.