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Talmud (Ebr. « istruzione »). 

È la raccolta delle tradizioni ebraiche che contengono la Mishnah (insegnamenti orali) e la Ghemarà (discussioni circa la Mishnah). Ci sono due versioni: il Talmud palestinese e il Talmud babilonese più ampio. Entrambi furono completati durante il V secolo, ma comprendono materiale che può essere di gran lunga anteriore. Cf Mishnah; Haggadah.

  Taoismo (Cinese « via retta »). 

Sistema di credenze e pratiche filosofiche e religiose che, col confucianesimo e col buddismo, ha contribuito a formare la storia e la cultura cinese. Fu fondato da Lao‑Tse, titolo onorifico (= « vecchio saggio ») dato a Li, un archivista di Stato cinese che visse verso il 600 a.C., o forse anche prima. Si ritiene che abbia scritto il Lao Teh Ching (Cinese « sul principio primordiale del mondo e sulla sua influenza »), in cui il Tao è visto come la via della realtà ultima, cioè come immanente nella via dell'universo (il principio ordinatore che sta dietro a tutta la vita) e nella via secondo cui gli esseri umani devono coordinare la loro vita in armonia con il Tao. Contro il sistema degli sconvolgimenti sociali che accadevano al tempo in cui la dinastia Chou era potente (circa 1127 ‑ circa 256 a.C.), il Taoismo insegnava un'armonia che veniva raggiunta col sintonizzare i propri atteggiamenti e comportamenti col principio primordiale. Il sistema fu sviluppato ulteriormente da Chuang Chou (circa 369‑286 a.C.). Cf Buddismo; Confucianesimo.

Teandrico (Gr. « divino‑umano »). 

Aggettivo coniato dallo Pseudo‑Dionigi l'Areopagita (circa 500) per descrivere gli atti del Dio‑uomo Gesù Cristo. Alcuni usano il termine in senso monofisita eo monotelita, come se Cristo avesse rispettivamente una sola natura (quella divina) eo una sola volontà (quella divina). Però, san Massimo il Confessore (circa 580‑662) e san Giovanni Damasceno (circa 675 ‑ circa 749) hanno usato il termine in un senso pienamente ortodosso. In e mediante le sue due nature e le sue due volontà (che non sono né confuse né separate), l'unica (divina) Persona di Cristo compie atti divino‑umani. Cf Communicatio Idiomatum; Concilio di Calcedonia; Monofisismo; Monotelismo.

  Teismo (Gr. « Dio »). 

Fede in Dio trascendente e personale che crea, conserva ed interviene (per es., con miracoli) nel nostro mondo. A differenza del panteismo, il teismo non spinge l'immanenza divina fino al punto di identificare Dio col mondo. A differenza del deismo, il teismo ritiene che Dio non è un semplice creatore lontano, ma, con la sua provvidenza, con la sua rivelazione e con una grande varietà di atti salvifici, è incessantemente impegnato nei nostri riguardi. Un platonico di Cambridge, Ralph Cudworth (1617‑1688) è stato probabilmente quello che ha forgiato questo termine. Immanuel Kant (1724‑1804) ha distinto chiaramente tra teismo e deismo. Nonostante le loro grandi differenze, il cristianesimo, l'islamismo e l'ebraismo sono classificati tutti e tre come religioni teistiche (NA 3‑4). Cf Dio.

  Teleogico. 

Cf Argomento teleologico.

Temperanza (Lat. « moderazione »)

Una delle quattro virtù cardinali che ci rende capaci di moderare i nostri appetiti e di controllare le nostre passioni. Platone (427‑347 a.C.) espresse questa virtù con l'immagine di un carro trainato da tre stalloni che il guidatore deve tenere a briglie strette se non vuole finire in un fossato. La temperanza era una virtù della massima importanza per gli Stoici. Gli ultimi libri del NT esaltano la temperanza (tradotta alle volte con « sobrietà », « auto‑controllo », o « modestia ») specialmente (ma non esclusivamente) tra le guide delle Chiese e le persone anziane (1 Tm 3,2; Tt 1,8; 2,2.5; cf anche 1 Tm 2,9.15; At 26,25). Le associazioni moderne di « temperanza », invece di educare la gente ad un uso moderato, chiedono ai loro soci l'astinenza totale da bevande alcooliche. Cf Astinenza; Castità; Stoicismo; Virtù cardinali.

  Tempio (Il)

È il santuario religioso centrale degli Ebrei, costruito in Gerusalemme, e l'unico luogo dove si potevano offrire sacrifici (cf Dt 12,1‑31). Costruito la prima volta durante il regno di Salomone (circa 97 ‑ circa 930 a.C.), il Tempio fu distrutto dai Babilonesi nel 586 a.C. I profeti Aggeo e Zaccaria incoraggiarono la costruzione del secondo Tempio (520‑515 a.C.; cf Es 3,1‑13; Ag 2,1‑9.15‑19). Dopo essere stato profanato (Ag 2,15‑19) da Antioco Epifane nel 167 a.C. (Dn 9,2‑7; 11,31; 1 Mac 1,41‑64; 2 Mac 6,1‑6), Giuda Maccabeo lo purificò e lo dedicò nuovamente (1 Mac 4,36‑59). L'Hannukah, una festa annuale di luci, commemora questa purificazione del Tempio. Erode il Grande, che governò dal 37 al 4 a.C., costruì il meraviglioso terzo tempio, distrutto dai Romani nel 70 d.C. Sulle sue rovine sorge la Moschea Al‑Aqsisa, il « Palazzo della Roccia », dove la tradizione colloca la venuta di Abramo per sacrificare Isacco e l'ascensione di Maometto al cielo. Per i Musulmani, questo è il secondo posto più sacro al mondo dopo El‑Kaaba alla Mecca. Cf Gerusalemme; Islamismo; Sinagoga.

  Tempo.

Definito da Platone (427‑347 a.C.) come « l'immagine mobile dell'eternità », e da Aristotele (384‑322 a.C.) come la misura del movimento. Gli Scolastici aggiunsero che il tempo era creato dalla ragione, perché solo la ragione è in grado di misurare il prima e il poi. Il tempo vissuto quando aspettiamo, soffriamo, godiamo e riposiamo non è propriamente misurabile da un orologio e neanche dal trascorrere dei giorni e delle notti e dell'avvicendarsi delle stagioni. Con la loro memoria dell'esodo e delle aspettative messianiche, gli Ebrei avevano un concetto del tempo e della storia che era primariamente lineare. Essi ricordavano il passato per sperare un futuro più pieno. Dovunque manchi un senso di svolgimento della storia, prevarrà l'immagine greca ciclica della storia, che Federico Nietzsche (1844‑1900) imprigionò nel « mito dell'eterno ritorno ». L'escatologia cristiana illustra la direzione del tempo e della storia che culminerà nella parusìa di Cristo e nel Regno finale di Dio (1 Cor 15,20‑28; Ap 21,1-22,20). Cf Avvento; Escatologia; Eternità; Kairòs; Letteratura Apostolica; Quaresima; Parusìa; Sabato; Storia; Storia della Salvezza.

  Tentazione (Lat. « mettere alla prova »).

Saggiare una cosa per giudicarne il valore (Gc 1,2-4,12), oppure indurre a peccare (Gc 1,4‑15). Si dice che Dio « tentò » Abramo (Gn 22,1‑19; Eb 11,17‑19 ), o permise che Giobbe venisse « tentato » (Gb 1,1-2,13). La debolezza della carne (Mc 14,38) e le circostanze difficili (Lc 8,13) possono portarci a compiere il male. Come grande tentatore, il diavolo cercò di indurre Cristo a peccare, specialmente durante il periodo che trascorse nel deserto dopo il battesimo (Mt 4,1‑11; Mc 1,13; Lc 4,1‑13). Tentato come lo siamo noi, Gesù, però, non peccò (Eb 4,15). Gli esseri umani possono peccare anche col « tentare » Dio chiedendogli dei segni (Mt 12,39) e lamentandoci della loro situazione (Es 17,1‑7; Dt 6,16; 9,22; 33,8; Sal 95,8; 106,32; Eb 3,8‑10). Come Cristo (Mt 6,13; Lc 11,4), la Chiesa insegna a riconoscere la nostra debolezza di fronte alla tentazione e ci esorta alla preghiera e alle pratiche ascetiche come rimedio (cf DS 1533‑1535; 1574; 1576; 2192; 2217; 2224; 2237; 2241‑2253; FCC 8.066‑8.068, 8.107, 8.109). Cf Ascesi; Peccato; Preghiera; Sarx.

  Teocentrismo (Gr. « Dio al centro »). 

Un sistema di pensiero che centra ogni cosa su Dio. È spesso in contrasto con l'« antropocentrismo » (Gr. « l'uomo al centro »), che prende l'esistenza umana, la sua esperienza e i suoi valori come centro e guida. L'antropocentrismo esagerato ignora o addirittura rigetta Dio. D'altra parte, un teocentrismo esclusivo è inaccettabile, in quanto Dio ha fatto gli esseri umani a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26‑27) e la Parola si è fatta carne (Gv 1,14). Nel campo del cristianesimo e in altre religioni, un approccio teocentrico (che alle volte enfatizza troppo il pluralismo e il valore di ogni credenza in Dio) è spesso in contrasto con un approccio cristocentrico (che insiste sul fatto che, si conosca o non si conosca questa verità, Cristo è il rivelatore e il salvatore di tutti gli esseri umani: Gv 1,9; 14,6; At 4,12; 2 Cor 5,18‑19). Cf Antropocentrismo; Cristiani anonimi; Cristocentrismo; Pluralismo.

  Teocrazia (Gr. « governo di Dio »).

Governo da parte di Dio o di qualche suo rappresentante. Nell'antichità, molti paesi credevano che i loro governanti fossero investiti di autorità divina o addirittura venivano identificati con esseri divini. Giuseppe Flavio (circa 37 ‑ circa 100) creò il termine « teocrazia » e lo applicò ad un esempio classico: il popolo ebraico. I salmi regali, composti spesso per una incoronazione, celebravano il dominio di Dio rivelato e esercitato attraverso i re (per es., Sal 2, 45, 110). Le leggi di Israele (per es., i dieci comandamenti) non solo espressero la volontà di Dio, ma anche veicolarono sanzioni civili, perfino la pena di morte. Dopo il tempo di Gesù, la teocrazia si manifestò non solo in movimenti religiosi nuovi, come l'islamismo, ma anche nello stesso cristianesimo. Nell'Impero bizantino, il sovrano era visto come un'immagine di Cristo, il Pantocràtor (Gr. « onnipotente »), e lo Stato come un'immagine dell'ordine celeste. Elementi teocratici si trovavano nelle riforme del papa san Gregorio VII (circa 1021‑1085). Sia Ulrico Zwinglio (1484‑1531) sia Giovanni Calvino (1509‑1564) si adoperarono per stabilire un governo divino rispettivamente a Zurigo e a Ginevra. Seguì il loro esempio il Lord Puritano Protettore Oliver Cromwell (1599‑1658). Cf Calvinismo; Chiesa e Stato; Decalogo; Islamismo; Pantocràtor; Sinfonia; Zwinglianismo.

  Teodicea (Gr. « giustificazione di Dio »). 

Termine introdotto dal filosofo Goffredo Guglielmo Leibniz (1641‑1716) nella sua risposta a Pietro Bayle (1647‑1706) che una volta aveva suscitato il problema: Se Dio è infinitamente buono e onnipotente, da dove viene il male e che cosa vuol dire? Il problema è più vecchio del libro di Giobbe e viene riproposto nel modo più angoscioso nell'abbandono di Gesù sulla croce (Mc 15,34). Come possono i credenti spiegare la sofferenza degli innocenti e dei buoni? Auschwitz, Dresda, Hiroscima ed altri scenari di mali misteriosi nell'epoca nostra hanno più volte sollevato la questione. Si può dire con ragione che molto spesso gli esseri umani, anziché Dio, possono essere citati a rispondere dell'uso omicida che fanno della libertà. D'altra parte, una certa dose di sofferenza misteriosa e immeritata rimane. Mentre aspettiamo la Parusia, una risposta provvisoria viene dal modo con cui Gesù ha sofferto con noi e per noi. Oggi, il termine « teodicea » è usato in un senso più largo, come sinonimo di teologia naturale. Cf Mistero del male; Parusia; Sofferenza di Dio; Teologia naturale.

  Teofania (Gr. « apparizione di Dio »).

Manifestazione visibile di Dio. Mentre viene detto ripetutamente che non è possibile vedere Dio e rimanere in vita (Es 19,21; 33,20; Gdc 13,22), l'AT riferisce teofanie sperimentate da Mosè e da altri (Es 3,1‑6; 33,17‑23; 34,5‑9; Is 6,1‑5). I Vangeli riportano le quasi‑teofanie nel battesimo di Cristo e nella trasfigurazione (Mc 1,9‑11; 9,2‑8). Nella Chiesa primitiva, l'Epifania o manifestazione di Cristo ai pagani (Mt 2,1‑12) fu chiamata una teofania; è un uso che dura tuttora in Oriente. Cf Cristofania; Doxa; Epifania; Esperienza religiosa.

  Teologia (Gr. « scienza di Dio »

È lo sforzo metodico per capire e interpretare le verità rivelate. Come fides quaerens intellectum (Lat. « la fede che cerca di capire »), la teologia si serve del contributo della ragione, ricorrendo in particolare alle discipline della storia e della filosofia. Di fronte al mistero divino, la teologia è sempre « in ricerca » e non raggiunge mai risposte ultime e visuali definitive. La teologia abbraccia vari sistemi e settori di cui ne indichiamo qui alcuni. Cf Apologetica; Cristologia; Ecclesiologia; Ermeneutica; Filosofia; Metodi in teologia; Metodo teologico; Mistagogia; Patristica; Storia; Rivelazione; Spiritualità; Storia della teologia; Teologia apofatica; Teologia biblica; Teologia catafatica; Teologia della missione; Teologia femminista; Teologia fondamentale; Teologia morale; Teologia negativa; Teologia nera; Teologia pastorale; Teologia politica; Teologia positiva; Teologia sistematica.

  Teologia alessandrina. 

Scuola teologica che iniziò ad Alessandria come scuola di catechesi verso la fne del II secolo dopo Cristo. Interpreta le Scritture in modo allegorico, e, come cristologia dall'alto, privilegia l'aspetto del Verbo che si fece carne e la natura divina del Verbo Incarnato. Gli esponenti più celebri della teologia alessandrina comprendono: san Panteno (morto verso il 190), san Clemente di Alessandria (circa 150 ‑ circa 215), Origene (circa 185 ‑ circa 254), sant'Atanasio di Alessandria (morto nel 373), Didimo il Cieco (circa 313‑398) e san Cirillo di Alessandria (morto nel 444). Cf Cristologia dall'alto; Cristologia dal basso; Cristologia del Lògos‑Sarx; Monofisismo; Origenismo; Sensi della Scrittura; Teologia antiochèna.

  Teologia antiochena. 

Si chiama così l'orientamento teologico, connesso con la comunità cristiana di Antiochia, dove emerse nel IV secolo un profilo esegetico ben distinto. Questa teologia sottolineava l'interpretazione letterale e storica della Bibbia, ma cercava anche una teoria (Gr. « visuale ») che andasse oltre il senso puramente letterale. Mentre correva il pericolo di un inadeguato duofisismo (Gr. « due nature ») per il fatto di non collegare correttamente la natura divina e la natura umana nell'unica persona di Gesù Cristo, la sottolineatura della piena umanità di Gesù Cristo anticipò in parte la cristologia moderna dal basso. Generalmente, si ritiene che la teologia antiochena abbia ricevuto la sua forma dal martire san Luciano di Antiochia (morto nel 312) che aveva studiato a Edessa. Fu sviluppata in particolare da Diodoro di Tarso (morto nel 390 circa) e raggiunse il suo vertice con san Giovanni Crisostomo (circa 347‑407), Teodoro di Mopsuestia (circa 350‑428) e Teodoreto di Ciro (circa 393 ‑ circa 466). Cf Cristologia alessandrina; Cristologia dal basso; Cristologia dall'alto; Cristologia del Lògos‑Anthropos; Edessa; Nestorianesimo; Sensi della Scrittura; Tre capitoli (I).

Teologia apofatica (Gr. « ineffabile », « negativo »). 

Concetto fondamentale per la teologia orientale, che viene tradotto spesso con « teologia negativà ». Insiste sulla inadeguatezza di qualsiasi tentativo di descrivere il mistero assoluto di Dio. Qualsiasi affermazione intorno a Dio va qualificata con una negazione corrispondente col riconoscere che Dio supera infinitamente le nostre categorie. La conoscenza di Dio non è mai puramente intellettuale, ma richiede un'ascesa verso Dio con una purificazione morale e religiosa, descritta in maniera classica nella Vita di Mosè di san Gregorio Nisseno (circa 330 ‑ circa 395). Cf Essenza ed energie; Notte oscura; Teologia catafatica; Teologia negativa.

  Teologia biblica. 

Qualsiasi teologia che si basi primariamente sulla Scrittura. Le teologie bibliche particolari sviluppano temi dell'AT e del NT, come, per es., alleanza, giustificazione, promessa, profezia, storia della salvezza, ecc., per ricavare dalla Scrittura un messaggio unificato per oggi. Cf Ermeneutica; Teologia.

  Teologia catafatica (Gr. « affermativa »). 

Concetto complementare della « teologia apofatica », e chiamata qualche volta « teologia positiva ». Nonostante l'inadeguatezza radicale delle nostre categorie, possiamo comunque asserire parecchie verità intorno a Dio come ce l'ha rivelate nel modo perfetto Gesù Cristo e come le possiamo conoscere ora mediante lo Spirito Santo. Tuttavia, la teologia apofatica insiste nel dire che anche dopo l'autorivelazione divina e l'autocomunicazione nella grazia, Dio rimane il mistero primordiale. Cf Teologia apofatica; Teologia positiva.

  Teologia congregazionalista. 

Una forma di cristianesimo sorto dalla Riforma protestante e che rivendica per le Chiese locali il diritto di regolare le proprie faccende in una indipendenza completa, secondo un principio che avrebbe il suo fondamento nella Bibbia. Cf Chiesa; Protestante; Riforma.

 Teologia dialettica

Un movimento importante della teologia protestante degli anni '20 guidato da Karl Barth (1886‑1968) in aperto dissenso col Protestantesimo liberale allora prevalente. Sottolineando la differenza qualitativa infinita tra Dio e gli esseri umani, la teologia dialettica si esprimeva con paradossi (per es., eternità e tempo) che non permettevano nessuna sintesi intellettuale. Cf Protestantesimo liberale.

  Teologia della bellezza. 

Nell'estetica, la bellezza è quella qualità o insieme di qualità che procura diletto. L'armonia delle perfezioni di Dio e l'interazione delle forze nel dramma della salvezza producono diletto mediante la loro bellezza. Possiamo contemplare questa bellezza nella gloria, ossia nello splendore di Cristo che si rivela come il Figlio Unigenito del Padre (Gv 1,14). Nell'epoca contemporanea, Hans Urs von Balthasar (1905‑1988) in Occidente Pavel Florenskij (1882 ‑ circa 1937) e Paul Evdokimov (1900‑1970) in Oriente fecero molto per sviluppare la teologia della bellezza. Cf Estetica; Gloria; Trascendentali.

 

  Teologia della liberazione. 

Movimento Latino‑Americano largamente diffuso, il quale

  a) si ispira all'Esodo, ai richiami dei Profeti per la giustizia e all'annuncio del Regno da parte di Gesù;

  b) legge la Bibbia in chiave di liberazione integrale e

  c) ha messo radici profonde là dove strutture di ingiustizia e di dipendenza economica opprimono grandi masse di poveri.

  Tra i suoi migliori esponenti figurano: Juan Luis Segundo (nato nel 1925), Jon Sobrino (nato nel 1938) e soprattutto Gustavo Gutierrez (nato nel 1928) il cui libro Teologia della liberazione (tr. it. Ed. Queriniana, Brescia, 1973; l'originale è del 1972) ha dato vigore al movimento. Fortemente interessati nel compito pubblico della teologia nel promuovere i cambiamenti sociali, i « leaders » di questo movimento hanno sempre sviluppato una spiritualità della liberazione. Nella sua Enciclica Sollicitudo rei socialis del 1987, il papa Giovanni Paolo II ha auspicato una vasto processo di « sviluppo e di liberazione » che si esprima in « amore e servizio » del prossimo, « specialmente dei più poveri » (n. 46). Cf Metodi in teologia; Opzione per i poveri; Teologia femminista; Teologia nera; Teologia‑politica.

 

Teologia della missione.

Riflessione sistematica sul modo con cui l'intera Chiesa e i singoli cristiani sono mandati da Cristo. Prima del Concilio Vaticano II, quattro encicliche pontificie trattarono appositamente dell'attività missionaria: Maximum illud di Benedetto XV (1919), Rerum Ecclesiae di Pio XI (1926), Evangelii praecones di Pio XII (1951) e Princeps pastorum di Giovanni XXIII (1959). Mentre ribadivano il dovere della Chiesa di diffondere dovunque il vangelo, questi papi indicarono la necessità di edificare le Chiese locali (Benedetto XV), di promuovere un clero indigeno (Pio XI), di incoraggiare i laici nel rinnovare la situazione sociale (Pio XII) e di adattarsi alle culture locali (Giovanni XXIII) come fece Matteo Ricci in Cina (1552‑1610). Il Vaticano II vide la missione della Chiesa radicata nel comando di Cristo dato agli apostoli, così come egli era stato mandato dal Padre (LG 17; GS 91). Per sua natura, la Chiesa ha per missione il mondo intero (AG 2, 10). Nel passato qualche attività missionaria ha patito lo scandalo delle divisioni cristiane, ha tollerato molte ingiustizie politiche, economiche, razziali e culturali, e ha potuto in parte essere una forma di colonialismo spirituale. Oggi, la teologia della missione riconosce quasi unanimemente che lo sviluppo integrale e la liberazione fanno parte del pieno compito missionario della Chiesa. Per i Cattolici, il Papa Paolo VI in Evangelii nuntiandi (1975) offre orientamenti importanti sulla natura dell'evangelizzazione nel mondo d'oggi. Giovanni Paolo II ritorna sull'argomento nella Redemptoris missio (1990) Cf Chiesa locale; Cristiani anonimi; Inculturazione; Proselito.

 

Teologia della morte di Dio. 

Movimento teologico degli anni '60, diffuso specialmente negli Stati Uniti d'America. Alle volte, intendeva semplicemente intavolare un dialogo con l'ateismo contemporaneo, mentre altre volte sosteneva la vera assenza di Dio nel nostro mondo o addirittura seguiva Federico Guglielmo Nietzsche (1844‑1900) nell'affermare che Dio è morto per opera degli uomini.

 

Teologia del processo

Si chiama così un movimento teologico che si ispira a Alfred North Whitehead (1861‑1947). La sua filosofia, come anche altre, sottolinea il primato del divenire sull'essere, ma le supera nel cercare di sintetizzare questo approccio alla realtà con i risultati delle scienze naturali. Whitehead intende i costituenti ultimi della realtà come « entità effettive » più che sostanze. Il suo punto di partenza sono le « occasioni effettive », o entità che interagiscono nell'intero universo. Mediante l'amore, Dio è all'opera, non coercitivamente, essendo « il grande compagno, l'amico sofferente che capisce ». La traduzione della metafisica tradizionale nei termini dinamici di Whitehead ha attratto vari discepoli negli Stati Uniti, nelle Isole Britanniche e altrove. Alcuni, come Charles Hartshorne (nato nel 1897) hanno sviluppato il pensiero del « processo » in un modo alquanto differente. Pur riconoscendo la sottolineatura valida delle categorie personali, i commentatori hanno criticato la filosofia di Whitehead su vari punti, in particolare, sul concetto di un « Dio finito ». Cf Panenteismo.

 

Teologia del simbolo

Consiste nel concepire il mondo visibile come immagine di quello invisibile. Nel suo Timeo, Platone (427‑347 a.C.) scrivendo circa l'origine e la costituzione del mondo, dice: « Il tempo è l'immagine mobile dell'eternità ». Nelle sue parabole, Gesù mostra le cose e gli eventi quotidiani come finestre su Dio e come inviti a rispondere alla sua attività. Origene (circa 1851 ‑ circa 254) sviluppò una forte teologia simbolica. Nel suo simbolismo filosofico e nella sua interpretazione biblica, sant'Agostino di Ippona (354‑430) diede un impulso vivo all'interpretazione simbolica della realtà. L'agostiniano Ugo di san Vittore (circa 1096‑1141) interpretò ogni cosa nell'universo come una specie di sacramento delle realtà divine. Hugo Rahner (1901‑1967) descrisse la teologia di suo fratello Karl Rahner (1904‑1984) come una « teologia del simbolo ». Un approccio simbolico rimane fondamentale nella teologia orientale dell'icona. Cf Concilio di Nicea II; Icona; Origenismo; Sacramento.

 

Teologia dogmatica

Il settore principale della teologia che, fondandosi sulla Scrittura e sulla Tradizione per il dato rivelato, esamina e presenta in modo sistematico tutte le dottrine importanti del cristianesimo. I tentativi contemporanei di rinnovare questa disciplina si riflettono sulla fede comune alla luce dell'intera storia del cristianesimo e delle circostanze mutevoli dei nostri tempi (OT 16). Cf Dogma; Teologia; Teologia sistematica.

 

Teologia femminista

È un approccio teologico (sviluppato ampiamente negli U.S.A. a partire dal 1968) che protesta contro inveterati pregiudizi maschilisti nella teologia cristiana, nell'esegesi e nella vita della Chiesa. Le sue richieste comprendono l'ordinazione delle donne e l'uso di un linguaggio inclusivo che non sia riflesso e non serva da sostegno a strutture di potere maschiliste. Cf Teologia della liberazione; Teologia nera; Teologia politica.

 

Teologia fondamentale. 

Quel settore della teologia che studia i problemi fondamentali: in particolare, la rivelazione divina nella storia d'Israele e di Gesù Cristo; le condizioni che abilitano gli esseri umani all'autocomunicazione di Dio; i segni che rendono la fede in e per mezzo di Gesù Cristo un'opzione razionale; la trasmissione (attraverso la tradizione della Chiesa e le Scritture ispirate) dell'esperienza dell'autocomunicazione di Dio. Cf Apologetica; Fede; Ispirazione biblica; Preamboli della fede; Rivelazione; Teologia dogmatica; Tradizione.

 

Teologia giovannea. 

La teologia contenuta nel quarto Vangelo, nella prima e, in misura minore, nella seconda e terza lettera di Giovanni e nell'Apocalisse. Il Vangelo di Giovanni fa uso di simboli (per es., pane, acqua, gregge), immagini contrastanti (per es., veritàmenzogna; amoreodio) e, in genere, di un linguaggio orante, esperienziale e trinitario per incoraggiare la fede in Gesù come Cristo e Figlio di Dio (Gv 20,31). Questo Vangelo abbonda nel linguaggio di rivelazione (per es., gloria, segni, verità, e testimone), senza, però, trascurare quello che Cristo, la vite vera a cui dobbiamo essere uniti (Gv 15,1‑8), comporta come condivisione di vita (passim) e come forza perché i credenti diventino figli di Dio (Gv 1,12‑13). Il prologo del Vangelo (Gv 1,1‑18) annuncia una lotta tra la luce e le tenebre. L'accoglienza positiva a Gesù che viene come la divina « luce del mondo » (Gv 8,12; 9,5; 12,46) porta ad una divisione tra

  a) coloro che rimangono spiritualmente ciechi, odiano la luce (Gv 1,5; 3,19; 9,39‑41) e precipitano nella notte (Gv 13,30), e

  b) coloro che sono sanati e vedono la verità (Gv 1,39; 9,1‑33; 20,29).

  Dopo le ultime parole di Gesù rivolte ai suoi discepoli più intimi la promessa dello Spirito Santo e la preghiera sacerdotale (Gv 13,1‑17.26 »), il potere delle tenebre sembra avere il sopravvento durante la passione, ma deve cedere il posto alla vittoria abbagliante della risurrezione. Contro l'interpretazione deviante dei doceti, Giovanni afferma che « il Verbo si fece carne » (Gv 1,14) e nella 1 Gv ritorna con insistenza sulla realtà dell'Incarnazione (1 Gv 4,2‑3). Questa rivela Dio come Amore (1 Gv 4,7‑12). La Chiesa d'Oriente onora san Giovanni come il Teologo. Patmos, il luogo dove si ritiene che abbia scritto l'Apocalisse, è una meta di pellegrinaggi. Cf Docetismo; Doxa; Rivelazione; Tre teologi (I).

 

Teologia kerigmatica. 

Si chiama così una teologia orientata alla proclamazione degli eventi decisivi della storia della salvezza. Negli anni '30, alla Facoltà di Teologia di Innsbruck, Franz Lakner sviluppò una teologia kerigmatica centrata su Cristo così come deve essere predicato. Questo esperimento non ebbe successo. Comunque, attraverso l'opera di Hugo Rahner, Joseph Jungmann e altri, un approccio più kerigmatico ha sostituito ampiamente le speculazioni astratte della Scolastica. Cf Scolastica; Scuole di teologia; Teologia.

 

Teologia morale. 

Il campo della teologia che studia e insegna come i cristiani (e gli altri) debbono vivere. Questa riflessione sistematica sul comportamento cristiano attinge dalla Bibbia (per es., il decalogo, il discorso della montagna e le esortazioni di Paolo), dal ragionamento filosofico, dall'esperienza tradizionale e dall'insegnamento della Chiesa. Deve basarsi su una visione piena di ciò che comporta la creazione originale (Gn 1,26‑27) e la ri‑creazione dell'umanità in Cristo (Rm 6,4; 8,28‑30; 1 Cor 15,49; 2 Cor 5,17; Ef 4,24; Col 3,10). Dopo san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), la teologia morale si è spesso isolata dalle sue radici dogmatiche e scritturistiche, e alle volte un'abbondante casistica è caduta in un vuoto legalismo. L'insegnamento morale di sant'Alfonso de' Liguori (1696‑1787) è stato segnato da un grande apprendimento e da un profondo interesse pastorale. Giovanni Battista Hirscher (1788‑1865) di Tubinga ha presentato sistematicamente la moralità in termini di Regno di Dio. Recentemente, gli studi biblici, le scienze umane, gli sviluppi filosofici e, soprattutto, il rinnovamento in cristologia, ecclesiologia e antropologia hanno stimolato e arricchito la teologia morale. Con Leone XIII (1810‑1903), l'insegnamento pontificio ha sempre più incoraggiato i teologi moralisti non solo a studiare i problemi di morale individuale, ma anche ad affrontare questioni più ampie di giustizia sociale, i rapporti fra Chiesa e Stato e la pace fra le nazioni. Cf Antropologia; Casistica; Chiesa e Stato; Decalogo; Dottrina sociale; Etica; Giansenismo; Giustizia; Opzione fondamentale; Parenèsi; Perfezione; Probabilismo; Rigorismo; Santità; Tubinga e le scuole.

 

Teologia narrativa. 

Un tentativo moderno di rinnovare la teologia cristiana come teologia di una religione storica che non ha soltanto qualcosa da dire, ma anche una storia da narrare. Prendendo le distanze dagli asserti dottrinali astratti, la teologia narrativa trova il suo terreno nei racconti biblici e in altri racconti religiosi. Mentre corregge giustamente le tendenze ad isolare la teologia dalla vita e dal culto, la teologia narrativa ha bisogno di criteri critici per stabilire il significato e la verità. Tra i cristiani orientali, l'elemento narrativo in teologia è salvaguardato dalla liturgia e dalle icone. Cf Icona; Liturgia; Teologia.

 

Teologia naturale.

La disciplina che tratta della conoscenza di Dio in base alla sola ragione (cf Sal 19,1‑4; Sap 13,1‑9; At 14,17; 17,22‑31; Rm 1,18‑23; 2,14‑15). Sviluppata da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), la teologia naturale fu criticata al tempo dell'Illuminismo quando venne contestata la validità degli argomenti riguardanti l'esistenza di Dio. Il Concilio Vaticano I definì che « Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza con la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create » (DS 3004; FCC 1.061; cf DV 6). Il Concilio affermò la possibilità (« può essere conosciuto »), ma non indicò le vie per conoscere Dio (Con prove logiche? Per intuizione? Per esperienza mistica?) e non ha inteso dire che qualcuno abbia effettuato tale possibilità senza l'aiuto nascosto della grazia. Karl Barth (1886‑1968) e altri esponenti della teologia dialettica escludono energicamente qualsiasi tipo di teologia naturale per il fatto che il peccato avrebbe reso l'intelletto umano totalmente incapace di conoscere Dio con le sole sue forze. La teologia naturale è stata prevalentemente praticata da credenti cristiani. Anche se prescindono da quanto conoscono attraverso la rivelazione, nondimeno sollevano questioni intorno a Dio che presuppongono una familiarità previa alle risposte. Infine, un approccio di teologia puramente naturale presenta una visuale astratta e filosofica dell'umanità, totalmente differente dalla visuale concreta dell'umanità peccatrice come si trova nelle teologie della storia della salvezza. Il Concilio Vaticano II stabilì la conoscenza, di Dio attraverso il creato (e quindi la teologia naturale) all'interno del contesto della storia della rivelazione e della salvezza (DV 2‑6). Cf Argomenti per l'esistenza di Dio; Cinque vie (Le); Illuminismo; Storia della salvezza; Teodicea; Teologia; Teologia dialettica.

 

Teologia negativa. 

Come la teologia apofatica, è un approccio al mistero divino che insiste sul fatto che possiamo dire di più quello che Dio non è che non quello che realmente è. È un modo di fare teologia che mette più l'accento sulla sapienza che non sulla scienza. Cf Mistero; Teologia; Teologia apofatica; Teologia catafatica.

 

Teologia nera. 

Scuola teologica nord‑americana sviluppata dai Cristiani neri sulle orme del movimento di Martin Luther King (1929‑1968) per i diritti civili. Si è opposta alle interpretazioni razziste ed esclusiviste dei Bianchi riguardo alla fede; ha sostenuto ulteriori cobattimenti per i diritti sociali e ha unito le proprie forze a movimenti analoghi, come la teologia femminista e la teologia Latino‑Americana della liberazione. Cf Teologia della liberazione; Teologia femminista; Teologia politica.

 

Teologia orientale.

Si chiama così la teologia sviluppata dai Padri della Chiesa greci e siriaci. Generalmente, la teologia orientale ha il compito di salvaguardare l'intera tradizione, in quanto è guidata dallo Spirito Santo, è fondata sulla Bibbia, è insegnata specialmente dai primi concili generali ed è celebrata nel culto e nelle icone. La sua caratteristica principale è il primato dello spirituale. La spiritualità è considerata come il dogma vissuto; e il dogma non è altro che la spiritualità che ha trovato la sua conferma ufficiale nella sua espressione verbale. Nell'unire armonicamente l'insegnamento della Chiesa, la spiritualità e la disciplina, questa teologia è mantenuta e sistematizzata dalla liturgia e dal monachesimo. Cf Concilio ecumenico; Culto; Doxa; Dossologia; Icona; Liturgia; Metodi in teologia; Monachesimo; Origenismo; Padri della Chiesa; Sette Concili Ecumenici (I); Spirito Santo; Stolti per amor di Cristo; Teologia alessandrina; Teologia antiochena; Teologia apofatica; Teologi giovannea; Teologia del simbolo; Tradizione; Tre teologi.

 

Teologia paolina.

La teologia sviluppata da san Paolo (morto verso il 67) la cui chiamataconversione (1 Cor 9,1; 15,8‑11; At 9,3‑9) avvenuta verso il 34 lo cambiò da Fariseo zelante (Fil 3,5‑8; At 22,3‑5) persecutore dei cristiani (1 Cor 15,9; Gal 1,13‑14; At 7,58-8,3; 9,1‑2) nel grande Apostolo delle Genti (Gal 1,12.15‑16; 2,7; At 9,15). Centrato radicalmente sulla risurrezione di Gesù crocifisso (Rm 4,25; 1 Cor 1,17‑25; 15,14‑15; Fil 2,6‑11), Paolo insegna che la nostra giustificazione viene dalla fede e dalla grazia di Cristo che ci riconcilia (Rm 5,6‑11) e non dalle opere della legge (Gal 2,16-4,31). Col battesimo, i credenti esistono « in » Cristo (Rm 8,1; 16,7; 1 Cor 15,22; Fil 3,8‑9) e mediante lo Spirito vivono una vita nuova (Rm 5,1-8,39), sono progressivamente cambiati nell'immagine di Cristo (Rm 8,29) e formano insieme il Tempio dello Spirito (1 Cor 3,16‑17) e il corpo di Cristo (1 Cor 12,12‑17). Nel nuovo « Israele di Dio » (Gal 6,16), tutti i battezzati godono di una unità fondamentale (Gal 3,26‑28), e sono chiamati a fare uso dei loro vari carismi (1 Cor 12,1‑31), a costruire la comunità nell'amore (Rm 5,5; 1 Cor 12,31-13,13) e a manifestare nella loro vita i frutti dello Spirito (Gal 5,16‑26). Insieme alla teologia giovannea, quella paolina costituisce la teologia primaria del NT e ha esercitato un grandissimo influsso sulla storia del cristianesimo. Cf Apparizioni del Signore risorto; Carisma; Corpo di Cristo; Giustificazione; Grazia; Legge; Spirito Santo.

 

Teologia pastorale.

La teologia in quanto si occupa di e riflette su:

  a) il passaggio alla predicazione e alla catechesi dallo studio della Scrittura e della teologia sistematica;

  b) la prassi della vita liturgica e sacramentale;

  c) proposte morali e spirituali;

  d) la cura della gente nell'affrontare problemi speciali (per es., i profughi, i drogati, i malati, gli anziani, i moribondi);

  e) le lotte per la giustizia e la pace;

  f) le cure di cui necessitano le persone nelle differenti età e nelle differenti situazioni di vita.

  Molti vedono la teologia pastorale come sinonimo di teologia pratica o riflessione critica sulle multiformi missioni della Chiesa nel mondo. Lungo i secoli, importanti contributi alla teologia pastorale sono venuti da personaggi eminenti come san Gregorio Magno (circa 540‑604) e ai giorni nostri da Karl Rahner (1904‑1984). Cf Catechesi; Evangelizzazione; Ministero; Omiletica; Teologia; Teologia della missione; Ufficio pastorale.

 

Teologia politica. 

Una teologia che protesta contro la privatizzazione della religione e insiste sulla responsabilità sociale dei cristiani. Dopo che la perestroika di Costantino il Grande (circa 280‑337) ebbe portato la libertà religiosa, cristiani come Eusebio di Cesarea (circa 260 ‑ circa 340) si servirono alle volte della fede per legittimare certe pretese, tattiche e pratiche imperiali. Un nuovo e falso connubio dell'ordine politico con la religione portò guerre e persecuzioni. L'Illuminismo andò all'estremo opposto col sostenere che la religione e la politica sono interamente due cose separate e che la fede è un fatto privato che riguarda unicamente la coscienza dei singoli. Ben lungi dal voler politicizzare la religione, la teologia politica di Johann Baptist Metz (nato nel 1928) e di altri mira piuttosto ad esprimere le implicanze della fede cristiana per l'ordine sociale e politico, soprattutto col protestare contro l'ingiustizia dilagante del nostro mondo e col sottolineare la solidarietà con Gesù crocifisso e con le innumerevoli vittime del mondo della storia passata e presente. Questa teologia della prassi ha trovato una specie di conferma ufficiale nell'Enciclica del 1987, Sollicitudo rei socialis, di Giovanni Paolo II. Cf Chiesa e Stato; Illuminismo; Opzione per i poveri; Prassi; Sinfonia; Teologia femminista; Teologia della liberazione; Teologia nera.

 

Teologia positiva.

Quel settore della teologia che si occupa dei dati storici e dei fatti particolari (tratti dalla Bibbia e dalla tradizione per determinare le dottrine che i cristiani devono credere). È contrapposta alla teologia naturale che tratta dei princìpi religiosi universali conosciuti dalla ragione. Oggi, la teologia positiva appare con fatica tra gli schemi di divisione del campo teologico, in quanto il suo posto è stato spesso occupato dalla « teologia storica ». Cf Patristica; Teologia biblica; Teologia dogmatica; Teologia fondamentale; Teologia morale; Teologia sistematica.

 

Teologia pratica

Cf Teologia Pastorale.

 

Teologia sistematica.

l tentativo di esporre in maniera coerente e scientifica le principali verità cristiane. Nella pratica, coincide spesso con la teologia dogmatica, ma può differire in quanto comprende una trattazione di questioni morali. Può ancora differire dalla teologia dogmatica per il fatto di prestare maggiore attenzione alla metodologia, alla terminologia, all'uso di princìpi filosofici, ad una prospettiva strettamente unificata e a questioni riguardanti le condizioni e i limiti della conoscenza teologica. Cf Epistemologia; Filosofia; Teologia Dogmatica; Teologia Fondamentale.

 

Teologia trascendentale.

Un orientamento teologico affine alla filosofia trascendentale e collegato specialmente con Karl Rahner (1904‑1984) e Bernard Lonergan (1904‑1984). Si riferisce alle risposte possibili che sorgono quando si prende in considerazione il soggetto umano. Per usare un esempio del Rahner, la penitenza non è semplicemente un dovere oggettivo da eseguire, ma una virtù che spinge il soggetto a cambiare. Ogni questione oggettiva ha il suo lato soggettivo il quale, quando viene esplorato, getta una nuova luce sui problemi teologici che sono sul tappeto. Cf Metodi in teologia; Metodo teologico; Sacramento della penitenza.

 

Teologia trinitaria.

Tentativo di capire e di interpretare il mistero centrale cristiano di un solo Dio in tre Persone uguali e distinte, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Mt 28,19; 2 Cor 13,13). Richiamandosi alle operazioni del nostro intelletto e della nostra volontà, sant'Agostino di Ippona (354‑430) interpretò la generazione del Figlio (o Parola) in base all'analogia dell'auto‑conoscenza umana, mentre l'autentico amore di sé illustra l'origine dello Spirito Santo, l'amore reciproco « personificato » del Padre e del Figlio. Per molti secoli, i teologi hanno seguito Agostino od anche assunto altre analogie dall'esperienza e dalla filosofia come « Io ‑ Tu ‑ Noi » del pensiero personalista sviluppato da Martin Buber (1878‑1965). Questi approcci a Dio tri‑personale possono essere di qualche aiuto. Però, essendo tratti dalla realtà umana creata e dall'esperienza comune, non sono radicati immediatamente nell'autocomunicazione di Dio nella storia della salvezza che ha raggiunto il suo vertice col mistero pasquale. La famosa icona trinitaria di A. Roublev (circa 1360‑1430), che è ora conservata nella Galleria di Mosca, rappresenta la scena della philoxenia (Gr. « ospitalità ») di Abramo con tre angeli seduti attorno ad una mensa (Gn 18,1‑15): questa scena richiama al cristiano l'ineffabile mistero trinitario. Un calice che si trova sulla mensa collega questo mistero con l'Eucaristia, e di qui la storia della salvezza con la passione, morte e risurrezione di Cristo. Questa icona ci ricorda una verità basilare circa la teologia trinitaria: essa dovrebbe partire dalla Trinità Economica (quella che si rivela nella storia della salvezza) per passare alla Trinità Immanente (dove le analogie tolte dalla realtà creata ci possono aiutare) e non viceversa. Nella teologia trinitaria, come anche altrove, l'ordine della redenzione deve avere la precedenza sull'ordine della creazione. Cf Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Nicea I; Economia; Filioque; Generazione; Mistero; Mistero Pasquale; Modalismo; Persona; Processioni; Relazioni divine; Spirazione; Trinità Immanente; Unitarianismo.

 

Teonomia (Gr. « legge divina »). 

È un'etica per cui la volontà di Dio, mediata attraverso il nostro intelletto creato e la libertà, e l'autorità ultima. Cf Autonomia; Eteronomia.

 

Teopaschita. (inizio)

Cf Controversia teopaschita.

 

Teoria delle due fonti.

  a) L'ipotesi largamente accettata secondo cui i Vangeli di Matteo e di Luca avrebbero due fonti principali: il Vangelo di Marco e Q (una raccolta di detti di Gesù).

  b) Una teoria comunemente sostenuta dal XVI secolo fino al Vaticano II secondo cui ci sarebbero due « fonti » della rivelazione separate e ugualmente valide: la Tradizione e la Scrittura.

  Cf Quelle; Rivelazione; Scrittura e Tradizione; Vangeli sinottici.

 

Testimoni di Geova. 

Una setta che iniziò negli Stati Uniti d'America con Charles Taze Russell (1852‑1916) e che venne chiamata in un primo tempo « Associazione internazionale di studenti della Bibbia ». Riteneva imminente la seconda venuta di Cristo e propagò le sue idee nella « Torre di Guardia ». Ostili verso le Chiese più importanti e sovversivi nei riguardi dell'autorità civile, i suoi seguaci si scontrarono spesso con la legge e furono difesi da Joseph Franklin Rutherford (1869‑1941). Questi divenne il secondo capo della setta che prese il nome di « Testimoni di Geova ». Sono divenuti meno aggressivi nei loro metodi missionari, ma continuano a interpretare la Bibbia e la storia del mondo in maniera fantasiosa. Cf Fondamentalismo; Millenarismo; Parusìa.

 

Tetrarchia. 

Cf Pentarchìa.

 

Theologia crucis (Lat. « teologia della croce »). 

Espressione coniata da Martin Lutero (1483‑1546) per qualificare il modo esatto di fare teologia. In quanto Salvatore e misericordioso, Dio è conosciuto soltanto come nascosto nel Cristo crocifisso e in tutte le esperienze di sofferenze e tentazioni che rivelano la nullità degli esseri umani dinanzi a Dio. Dio si rivela in un modo che va contro alle nostre aspettative: la povertà come debolezza, la sapienza come follìa (cf 1 Cor 1,17‑31). Cf Luteranesimo; Theologia gloriae.

 

Theologia gloriae (Lat. « teologia della gloria »).

  a) Contrastata polemicamente da Martin Lutero (1483‑1546) con la sua « teologia della croce », questa teologia è riferita alla teologia Scolastica e alla Mistica. Lutero vede in esse dei tentativi per voler conoscere Dio presuntuosamente con le proprie forze e capacità, anziché credere umilmente e confidare in Dio. « Teologia della gloria » significa in questo senso una teologia dell'autoglorificazione.

  b) In un altro contesto, il termine si riferisce alla teologia orientale che illustra la glorificazione di Cristo e la nostra partecipazione alla sua gloria. Questa teologia trae la sua ispirazione dal Vangelo di san Giovanni: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria » (Gv 1,14). Come è intesa da san Paolo, la gloria può essere associata col tema caro a Lutero della giustificazione. « Quelli che (Dio) ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati » (Rm 8,30). Cf Dòxa; Gloria; Scolastica; Theologia Crucis; Teologia giovannea; Teologia naturale.

 

Theologoùmenon (Gr. « dimensionecomponente teologica »). 

Una tesi teologica non vincolante che non è chiaramente fondata nella Scrittura né si trova nel Magistero definitivo della Chiesa. Certe tesi di grandi teologi possono avere la qualifica di theologoùmeni e in seguito possono in qualche modo entrare nell'insegnamento della Chiesa. Gli Ortodossi usano alle volte questo termine per distinguere le definizioni dei primi sette concili ecumenici dai successivi pronunciamenti di fede della Chiesa Cattolica. Cf Magistero; Sette Concili Ecumenici (I); Teologia.

 

Theotókos (Gr. « Genitrice di Dio »). 

Questo titolo, dato a Maria ed usato forse già al tempo di Origene (circa 185 ‑ circa 254), esprime il fatto che ella generò il Figlio di Dio fatto uomo. L'equivalente latino esatto è Deipara, ma lo si rende più spesso con Dei Genitrix (Genitrice di Dio, Madre di Dio). Il Concilio di Efeso (431) condannò Nestorio che aveva messo in discussione questo titolo popolare e, ribadendo l'unità della persona di Cristo, proclamò la legittimità del titolo Theotókos (DS 250‑252; FCC 4.003‑4.004). Maria non divenne la Madre di un semplice uomo, ma del Figlio di Dio che si fece uomo. Cf Concilio di Efeso; Mariologia; Nestorianesimo.

 

Tiara papale (Gr. « turbante regale persiano »). 

Ampio copricapo con cui i papi venivano incoronati e che portavano in funzioni solenni extra‑liturgiche. Il papa Paolo VI vendette la sua tiara e diede il ricavato ai poveri. Giovanni Paolo I non volle essere incoronato. Il suo successore, Giovanni Paolo II, a sua volta, non volle introdurre nuovamente la tiara e rifiutò qualsiasi incoronazione solenne all'inizio del suo pontificato, nel 1978. Cf Papa.

 

Timor di Dio. 

Nell'AT, è quel sentimento profondo di religione e di pietà filiale che sintetizza l'atteggiamento conveniente verso Dio (Gb 28,28; Prv 1,7; 9,10; Sir 1,11‑20). Non va confuso con il timore servile (dello schiavo). Cf Amore; Hesèd; Religione; Santo.

 

Tipologia. (Gr. « studio delle immagini, dei prototipi »). 

Modo di interpretare gli eventi, le persone e le cose come « tipi » che adombrano gli « antitipi » del NT i quali compiono la rivelazione e la salvezza. Così, Adamo e Melchisedech sono tipi di Cristo (Rm 5,14; Eb 6,20-7,28). La storia del Popolo di Dio nell'Esodo dall'Egitto prefigura le difficoltà che i cristiani devono affrontare e i sacramenti che ricevono (1 Cor 10,1‑11). Il diluvio prefigura il battesimo (1 Pt 3,20‑21) e la manna nel deserto anticipa « il pane di vita » (Gv 6,48‑51). Sant'Ireneo (circa 130 circa 200) e poi la scuola di Alessandria sono stati attenti a questo senso tipico della Scrittura che Origene (circa 185 ‑ circa 254) sviluppò in una direzione allegorica. In Occidente, l'interpretazione tipologica fu adottata da sant'Ambrogio (circa 339‑397) e poi da sant'Agostino di Ippona (354‑430) dal quale passò ai Latini del Medioevo. Cf Allegoria; Origenismo; Sensi della Scrittura; Teologia alessandrina; Teologia antiochena.

 

Titoli cristologici. 

Designazioni del NT per Gesù come Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo. Costituiscono vari approcci per comprendere chi era e chi è Gesù, che cosa ha fatto e che cosa fa. Cf Kyrios; Messia.

 

Tolleranza (Lat. « sopportare »). 

Lasciare in pace coloro la cui fede e prassi differiscono dalle proprie. Dopo aver sofferto la persecuzione da parte di alcune autorità giudaiche e poi, per secoli, dai governatori romani, i cristiani acquistarono la libertà religiosa col cosiddetto « Editto di Milano » (312). Molto presto e specialmente dopo che Teodosio il Grande (imperatore dal 379 al 395) ebbe dichiarato il cristianesimo religione di Stato, i cristiani cominciarono a manifestarsi intolleranti verso gli altri, fra cui cristiani accusati di essere eretici o scismatici, gli Ebrei e più tardi i Musulmani. Con la Riforma, la tolleranza fu proclamata, ma fu di solito intesa solo a proprio vantaggio. Giovanni Calvino condannò Michele Serveto (1511‑1553) a morte; un altro teologo protestante, Teodoro Beza (1519‑1605), confermò questa decisione. La Pace di Augusta (1555) con la sua massima: « Cuius regio eius religio » (Lat. « colui che governa lo stato determina la sua religione »), tollerò in ogni nazione solo una confessione cristiana, come fu praticamente il caso in Inghilterra sotto il regime elisabettiano. Alcuni Battisti, Cattolici, Puritani e Quaccheri fuggirono dall'Inghilterra per cercare la libertà religiosa in Europa e nel Nord America. L'Illuminismo e la Guerra americana d'Indipendenza servirono ad incoraggiare, almeno alla lunga, una tolleranza razziale, religiosa e culturale basata sul rispetto dei diritti naturali umani. Oggi, almeno in campo religioso, la pura indifferenza a problemi di fede e a pratiche religiose può camuffarsi come autentica tolleranza. Il Concilio Vaticano II esortò tutti i cattolici a vivere e a proclamare il vangelo, ma sempre nel rispetto e nell'amore verso gli altri (GS 28, 73, 75; AG 11; DH 1). Cf Chiesa e Stato; Crociate; Diritti umani; Illuminismo; Inquisizione; Libertà religiosa; Pluralismo; Priscillianesimo.

 

Tomismo. 

L'insegnamento filosofico e teologico di san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274). Arricchito dal sapere enciclopedico del suo maestro e confratello domenicano sant'Alberto Magno (circa 1200‑1280), Tommaso diede forma a una quantità di intuizioni che si erano accumulate lungo i secoli, specialmente a partire da sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109). Creò una stupenda sintesi tra la fede e la ragione. Quantunque non sia stata portata a termine, la sua Summa Theologiae è il massimo lavoro di teologia medievale. Si dice che Tommaso abbia battezzato Aristotele (384‑322 a.C.) per avere mutuato dal filosofo greco tematiche come la teoria della causalità. Nello stesso tempo, Tommaso adottò anche un numero discreto di lineamenti platonici, in qualche modo connessi con l'uso ampio che fece di sant'Agostino di Ippona (354‑430) e dello pseudo Dionigi Areopagita (circa 500). Dal 1300 al 1500, gli interpreti di Tommaso, o « Tomisti » si occuparono soprattutto di opporsi allo scotismo, al nominalismo e al ritorno di un neo‑platonismo. Coi secoli XVI e XVII, siamo nell'età d'oro dei tomisti fra cui eccellono il cardinale Caietano (1469‑1534), Silvestro di Ferrara (1474‑1528), Francisco de Vitoria (circa 1485‑1546), Giovanni da san Tommaso (1589‑1644), Melchior Cano (1509‑1560), Domenico Soto (1494‑1560), Domenico Bañez (1528‑1604). Mentre il Codice di Diritto Canonico del 1917 riteneva ancora Tommaso il maestro per la filosofia e la teologia nei seminari cattolici (cf il vecchio CIC 589, 1366), il Codice del 1983 si limita a raccomandarlo come particolarmente utile (cf il nuovo CIC 252; OT 16; GE 10). Cf Agostinianismo; Aristotelismo; Cinque Vie (Le); Concilio di Trento; Locus theologicus; Molinismo; Neoplatonismo; Neotomismo; Nominalismo; Platonismo; Scolastica; Scotismo; Scuole di teologia; Summa; Trascendentali.

 

Tonsura (Lat. « tagliare »). 

Taglio circolare dei capelli per esprimere la separazione dal mondo e la totale donazione a Dio. Questo simbolo non si trova solo nel cristianesimo, ma anche in altre religioni, come il buddismo. Prima di conferire gli Ordini minori (ostiariato, lettorato, esorcistato, accolitato), il vescovo tagliava una ciocca di capelli del candidato in forma di corona. Nel rito latino, la tonsura è stata abolita nel 1972 insieme agli Ordini minori. Però, in alcuni ordini religiosi, specialmente contemplativi, la cerimonia della tonsura è tuttora compiuta dall'Abate. Subito dopo il battesimo, nel rito bizantino, c'è la cerimonia della trichokuria (Gr. « taglio dei capelli »): i capelli sono tagliati da quattro parti del capo per indicare che il neofita è completamente donato a Dio. In Oriente, i chierici ricevono ancora la tonsura prima degli Ordini minori, come fanno i monaci quando entrano in monastero. Cf Accolito; Chierico; Esorcismo; Lettore; Monachesimo; Ordine.

 

Torah (Ebr. « istruzione », « legge »). 

Si chiama così la legge che Dio ha dato a Mosè (Dt 1,5; 4,44) e che è contenuta nel Pentateuco. La parola « Toràh » può anche riferirsi all'insegnamento o all'autorità dei genitori (cf Prv 1,8; 3,1; 4,2). Può significare le istruzioni date dai sacerdoti in nome di Dio (Dt 17,11; 24,8; 33,10). Può anche indicare la legge che Dio scrive nel cuore degli uomini (Ger 31,33; Mal 2,7). I Samaritani ritenevano come Bibbia soltanto il Pentateuco. Questo indica quanto l'autorità della Toràh fosse (ed è) più grande di quella dei « Profeti » e degli « Scritti » (= le altre parti della Bibbia ebraica). Cf Antico Testamento; Bibbia; Pentateuco; Sadducei.

 

Tradizionalismo. 

Una reazione contro il razionalismo e l'individualismo che erano stati promossi dall'Illuminismo. Il tradizionalismo fu espresso nella sua forma classica da Félicité Robert de Lamennais (1782‑1854) nei suoi quattro volumi: Essai sur l'indifférence en matière de religion (Saggio sull'indifferenza in fatto di religione). Altri che ebbero visuali simili furono: Louis de Bonald (1754‑1840), Joseph de Maistre (1753‑1821), Louis‑Eugène‑Marie Bautain (1796‑1867), Gerhard Casimir Ubaghs (1800‑1875) e Augustin Bonnetty (1798‑1879). I tradizionalisti sostenevano che una rivelazione era stata fatta all'umanità nelle sue origini e poi si era trasmessa in modo ininterrotto nella storia successiva. Questa rivelazione sarebbe la fonte autorevole delle nostre verità filosofiche, morali e religiose. De Lamennais asseriva che il consenso comune attesta infallibilmente la rivelazione delle origini. Il Concilio Vaticano I ripudiò l'affermazione dei tradizionalisti secondo cui la conoscenza di Dio può venire solo mediante la rivelazione e il nostro assenso di fede ad essa. Con la luce naturale della ragione, gli esseri umani possono anche conoscere Dio (cf DS 3004‑3005, 3026; FCC 1.061‑1.064). Cf Fede; Fideismo; Illuminismo; Razionalismo; Teologia naturale; Tradizione.

 

Tradizione (Lat. « trasmissione »). 

È il processo di tramandare (tradizione come atto) o di vivere l'eredità tramandata (tradizione come contenuto). Mediante lo Spirito Santo (il portatore invisibile della tradizione), l'intero popolo di Dio è stato coinvolto nel tramandare nella memoria, nell'esperienza, nell'espressione e nell'interpretazione l'autorivelazione fondante di Dio. Questa ha raggiunto la sua pienezza con Cristo e nella comunità del NT. « Così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede » (DV 8). Con l'identificare e l'unificare la Chiesa, la tradizione assicura la continuità dalle sue origini al futuro. All'interno di tutto il Popolo di Dio, i vescovi e altri hanno una responsabilità speciale come agenti visibili e interpreti della tradizione. Le tradizioni particolari possono essere difettose nel comunicare il vangelo e possono aver bisogno di riforme (cf Mc 7,1‑23; 10,2‑12). Per gli Ortodossi, la tradizione, espressa soprattutto nel culto, è indispensabile per comprendere qualsiasi problema. La recezione da parte della Chiesa indica se un nuovo sviluppo è in linea con la tradizione. Cf Deposito della fede; Rivelazione; Scrittura e Tradizione; Sensus fidelium; Sola Scrittura.

 

Trascendentali (Lat. « cose che superano »). 

Parola usata dagli Scolastici per indicare quelle proprietà che appartengono ad un essere in quanto essere e che così « trascendono » le categorie per classificare le cose (per es., essenza, qualità, tempo e spazio). In ultima analisi, si possono elencare sei trascendentali: a) la realtà; b) l'essere; c) l'unità; d) la verità; e) la bontà; f) l'essere qualcosa. Un essere è tutto questo appunto perché esiste. San Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274) elenca solo tre trascendentali: l'unità, la verità e la bontà. Gli Scolastici ne hanno spesso aggiunto un quarto (la bellezza), ma hanno avuto la tendenza a dire che la bellezza è semplicemente il funzionamento armonioso dell'unità, della verità e della bontà. Hans Urs von Balthasar (1905‑1988) ha invece affermato la priorità del bello come prima via di Dio per attrarci in Gesù Cristo. Cf Dòxa; Filosofia trascendentale; Gloria; Scolastica; Teologia trascendentale; Trascendenza.

 

Trascendenza (Lat. « che supera »). 

L'alterità di Dio la cui esistenza « va oltre » l'universo e non si identifica con esso. Cf Immanenza; Incomprensibilità, Panteismo; Teologia naturale; Teologia apofatica.

 

Transfinalizzazione (Lat. « cambiare di finalità »). 

È un termine usato da alcuni teologi per cercare di illustrare quello che avviene nell'Eucaristia quando il pane ed il vino sono cambiati nel corpo e sangue di Cristo. Invece di fare ricorso alla terminologia di sostanza e accidenti (che si applica anche agli esseri sub‑razionali), essi vanno nel campo delle relazioni interpersonali e fanno notare come la nostra esperienza umana cambia quando qualcosa assume una finalità radicalmente nuova. Alcuni parlano anche di una trans‑significazione (Lat. « cambiamento di significato »), in quanto il pane ed il vino subiscono un profondo cambiamento di significato, esprimendo Cristo che dona se stesso a noi. Nel 1965, l'enciclica di Paolo VI Mysterium Fidei (Lat. « Mistero della fede ») avverte che queste teorie possono al massimo completare l'insegnamento tradizionale della Chiesa sulla transostanziazione, ma su alcuni punti sembrano essere in contrasto con questo insegnamento. Ci si può, infatti, chiedere: la « transfinalizzazione » e la « trans‑significazione » indicano davvero un cambiamento del pane e del vino che ci permette di confessare la presenza reale di Cristo? Cf Transostanziazione.

 

Transustanziazione (Lat. « cambiamento di sostanza »). 

Il cambiamento (mediante le parole della consacrazione eucaristica) della sostanza del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, mentre rimangono le specie del pane e del vino. Il Concilio Lateranense IV (1215) usò il termine « trans‑sostanziati » nella sezione eucaristica della sua professione di fede (DS 802; cf 782, 1642, 1652; FCC 7.025, 9.089, 9.140, 9.150). Al tempo della Riforma, Ulrich Zwinglio (1484‑1531) sostenne una visuale puramente simbolica dell'Eucaristia, e negò qualsiasi cambiamento. Una simile visuale era stata già anticipata da Berengario di Tours (circa 999‑1088) che respingeva la transostanziazione e negava la presenza reale (DS 700; FCC 9.088). Martin Lutero (1484‑1531) sostenne che, mentre rimangono le sostanze del pane e del vino, il corpo ed il sangue di Cristo si fanno presenti per il credente. Questa teoria è chiamata consostanziazione (Lat. « con il pane »). Nel suo insegnamento sull'Eucaristia, il Concilio di Trento ribadì la fede secondo cui, mediante la consacrazione, il pane e il vino sono transostanziati nel corpo e nel sangue di Cristo e vanno perciò adorati (DS 1651‑1654, 1356; FCC 9.149‑9.152). La Chiesa Ortodossa greca usa il termine metabolè (Gr. « cambiamento »), o metousíois (Gr. « cambiamento di essenza »), anziché il termine « transostanziazione ». Però, l'unica vera divergenza con la Chiesa Cattolica riguarda il momento della consacrazione. Cf Accidente; Concilio di Costanza; Concilio Lateranense IV; Consacrazione; Epìclesi; Eucaristia; Presenza reale; Zwinglianismo.

 

Trasfigurazione. 

L'episodio nella vita di Cristo in cui salì su un monte (probabilmente il monte Tabor vicino a Nazaret) con Pietro, Giacomo e Giovanni e fu visto da essi radiante di gloria e in compagnia di Mosè ed Elia (Mt 17,1‑9; Mc 9,2‑10; Lc 9,28‑36; 2 Pt 1,16‑19). Mosè ed Elia rappresentavano, rispettivamente, la legge e i profeti ed entrambi avevano visto la gloria di Dio (cf Es 24,12‑18; 33,7‑23; 34,29‑35; 1 Re 19,1‑18). Nella mistica orientale, la « luce del Tabor » divenne sinonimo dell'esperienza più profonda che trasforma completamente il nostro essere dopo l'ardua salita sul monte (la nostra ascetica). Comunque, la nota predominante èera non lo sforzo indispensabile, ma la gloria di Dio sempre più grande che diviene nostra se noi lasciamo che Dio cambi il nostro essere (2 Cor 3,18). In questa assimilazione alla gloria di Dio mediante la purificazione (cf 1 Gv 3,2), il mistico bizantino san Gregorio Palamas (circa 1296‑1359) vide all'opera le energie di Dio. La festa della Trasfigurazione illumina Cristo stesso, il Figlio di Dio per natura, la cui eterna gloria rivelata attraverso la sofferenza sostiene nel tempo il pellegrinaggio cristiano in cammino verso Dio. Almeno a partire dal IV secolo, i Greci celebravano questa festa, che venne largamente adottata in Oriente verso l'anno mille. Il papa Callisto III fece della Trasfigurazione una festa della Chiesa universale per ringraziare Dio della vittoria sui Turchi a Belgrado il 6 agosto 1456. Cf Dòxa; Esicasmo; Mistica; Palamismo; Teologia.

 

Trasmigrazione delle anime. 

Cf Reincarnazione.

 

Tre capitoli (I). 

Tre autori, accusati di essere favorevoli al nestorianesimo e condannati postumi da Giustiniano I verso il 534. Egli lo fece come gesto di buona volontà verso l'opposizione monofisita contraria al Concilio di Calcedonia (451). La condanna colpì le opere e la persona di Teodoro di Mopsuestia (circa 350‑428), gli scritti che Teodoreto, vescovo di Ciro (circa 393 ‑ circa 466), aveva diretto contro san Cirillo di Alessandria (morto nel 444) e la lettera che Iba vescovo di Edessa (vescovo dal 435 al 449) aveva mandato nel 433 a Mari, vescovo di Hardascir in Persia. Sebbene fosse stato convocato a Costantinopoli nel 547, il papa Vigilio rifiutò dapprima di sottoscrivere la condanna. Nel suo Iudicatum del 548, egli condannò le proposizioni di Teodoro, che era morto in pace con la Chiesa, solo in quanto potevano prestarsi ad una interpretazione nestoriana contro Calcedonia. Soprattutto, papa Vigilio rifiutò di acconsentire ad una condanna postuma. Quando fu convocato un concilio ecumenico, il Costantinopolitano II (553), il papa finì per firmare la condanna. Questa condanna dei « tre Capitoli » portò l'Occidente ad un grave scisma che fu sanato solo verso il 689. Per quanto infelici siano state le circostanze, questo modo insolito di censurare può comunque essere interpretato come una garanzia che non c'è nulla nella dottrina della Chiesa che possa legittimare l'errore nestoriano. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano II; Monofisismo; Nestorianesimo.

 

Trentanove articoli (I). 

Sono un elenco di proposizioni dottrinali adottate dalla Chiesa d'Inghilterra nel 1571. Su problemi controversi, la posizione anglicana si distingue, da una parte, dal Cattolicesimo e, dall'altra, dal Protestantesimo continentale. Questi Articoli, che si prestano spesso ad interpretazioni alquanto divergenti, rimangono una testimonianza importante della fede della Comunione anglicana. Cf Comunione anglicana.

 

Trento. 

Cf Concilio di Trento.

 

Tre teologi (I). 

Quelli che in Oriente sono ritenuti i teologi per eccellenza: san Giovanni Evangelista, san Gregorio Nazianzeno (329‑389) e san Simeone il nuovo teologo (949‑1022).

a) Il Vangelo di Giovanni è una contemplazione orante della gloria di Dio rivelata e sperimentata in Cristo, Figlio di Dio (Gv 20,31). Il Vangelo di Giovanni è il più profondo dei quattro Vangeli. L'autore del quarto Vangelo è stato tradizionalmente identificato con Giovanni, figlio di Zebedeo (cf Gv 21,2) e col discepolo « che Gesù amava » (Gv 13,23; 19,26‑27; 20,2‑8; 21,7.20‑24).

b) San Gregorio Nazianzeno partecipò al secondo concilio ecumenico, il Costantinopolitano I (381). Divenne vescovo di Costantinopoli durante il concilio, ma qualche tempo dopo rassegnò le dimissioni e si ritirò a Nazianzo, nella Cappadocia. I suoi scritti comprendono: « Cinque orazioni teologiche », in cui difese la divinità dello Spirito Santo; molti poemi e varie lettere contro l'apollinarismo.

c) San Simeone il nuovo Teologo (949‑1022) dopo essere entrato nel monastero costantinopolitano di Studios, lasciò quella che secondo lui era una comunità di religiosi rilassati per farsi monaco e per venticinque anni fu superiore del monastero di san Mammas, esso pure a Costantinopoli. Considerato il più grande teologo mistico della Chiesa bizantina, diede un contributo originale nel modo con cui comunicò le proprie esperienze di Dio in inni e poesie basati sul tema della deificazione. Cf Apollinarismo; Concilio Costantinopolitano I; Deificazione; Dottore della Chiesa; Filocalìa; Padri Cappadoci; Teologia giovannea.

 

Triduo pasquale (Lat. « tre giorni »). 

Celebrazioni liturgiche che iniziano con la Messa vespertina del Giovedì Santo e finiscono coi Vespri della Domenica di Pasqua. La Messa del Giovedì Santo ricorda l'ultima Cena di Cristo e l'istituzione dell'Eucaristia. Il Venerdì Santo, dopo la lettura della Passione di Cristo secondo san Giovanni, si tengono preghiere speciali per il mondo intero; segue l'adorazione della Croce e la cosiddetta « Messa dei presantificati », in cui non c'è la consacrazione, ma vengono distribuite ostie già consacrate. Il Sabato Santo, dopo il tramonto del sole, si celebra la Veglia Pasquale che festeggia la risurrezione di Cristo e la nostra morte e risurrezione con lui nel battesimo. Un ufficio della luce e la benedizione del Cero pasquale introduce una serie di letture bibliche che ricapitolano l'intera storia della salvezza dalla creazione alla risurrezione. Poi, vengono battezzati i catecumeni eo l'intera comunità rinnova le promesse battesimali prima che venga celebrata l'Eucaristia. Cf Catecumeni; Messa dei Presantificati; Mistero pasquale; Risurrezione; Settimana Santa.

 

Trinità immanente. 

Il mistero assoluto delle tre Persone divine nella loro vita eterna. Attraverso l'economia o storia della salvezza, cominciata nell'AT e giunta a pienezza nel NT con l'incarnazione del Figlio di Dio e con l'invio dello Spirito Santo, il Dio uno e trino si è rivelato. Così, dalla Trinità « economica » possiamo risalire alla Trinità « immanente » Cf Economia; Teologia trinitaria.

Triodion (Gr. « tre odi »). 

Il libro del proprio delle stagioni della liturgia bizantina per l'ufficio divino dalla quarta domenica prima della Quaresima fino al Sabato Santo compreso. Durante questo periodo, normalmente si cantano a Mattutino solo tre odi o canti, anziché i soliti nove. Cf Cantillazione; Ottoeco; Quaresima.

 

Trisagio (Gr. « tre volte santo »). 

Un antico ritornello (« Santo Dio! Santo potente! Santo immortale! Abbi pietà di noi! ») che sottolinea la santità di Cristo, la sua potenza e immortalità contro coloro che vorrebbero attribuire la sofferenza alla sua natura divina. In affetti troviamo il primo (documentabile) uso del Trisagio nel Concilio di Calcedonia (451) che accuratamente distingue in Cristo la natura divina da quella umana, ma senza separarle (DS 302; FCC 4.012). Poi, gli avversari del Concilio, guidati a quanto pare da Pietro il Fullone (morto nel 488), « monofisita », patriarca di Antiochia, aggiunsero all'inno, dopo « Immortale », le parole: « che fosti crocifisso per noi ». I sostenitori del Concilio di Calcedonia reagirono col rivolgere il trisagio alla Trinità, anziché a Cristo. Con o senza l'aggiunta, la preghiera si trova in tutte le liturgie antiche, di solito nel rito di introduzione. Fino a tempi recenti, nel rito latino, il Trisagio era cantato in latino e in greco durante l'adorazione della croce il Venerdì Santo. Cf Aftartodocetismo; Concilio di Calcedonia; Controversia teopaschita; Monofisismo.

 

Trullano. 

Cf Sinodo trullano.

 

Tubinga e le sue scuole. 

Sono orientamenti abbastanza differenti in teologia che vennero a identificarsi con l'Università di Tubinga. Nel fondare questa Università nel 1477, il conte Eberhard di Württemberg fu aiutato dallo Scolastico Gabriele Biel (circa 1420‑1495), il cui nominalismo influì notevolmente su Martin Lutero (1483‑1546). Nel 1534‑1535, la facoltà di teologia divenne protestante. Il braccio destro di Lutero, Filippo Melantone (1497‑1560), aveva studiato a Tubinga. Qualche secolo dopo vi studiarono Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770‑1831) e Federico Guglielmo Giuseppe von Schelling (1775‑1854).

Tra il 1573 e il 1581 tre teologi luterani, Jacob Andreae, Lukas Osiander e Jakob Heerbrand, come anche lo studioso greco Martin Crusius, tutti dell'università di Tubinga, mantennero una corrispondenza col patriarca ecumenico Geremia II di Costantinopoli, al quale mandarono una traduzione greca della Confessione di Augusta nel 1573‑1574. Nonostante un'accoglienza amichevole del patriarca, non fu raggiunto nessun accordo.

All'inizio del XIX secolo, Ferdinand Christian Baur (1792‑1860) fondò una rinnovata « Scuola di Tubinga » che comprendeva Adolf Hilgenfeld (1823‑1907), Albert Schwegler (1819‑1857) e David Friedrich Strauss (1808‑1874). Applicando alla storia e alla teologia cristiana la dialettica hegeliana dello sviluppo (tesi ‑ antitesi ‑ sintesi), Baur affermò che nel cristianesimo primitivo la dialettica della corrente ebraica di Pietro e quella « gentile » di Paolo erano state sopraffatte nel secolo II dall'emergere del cattolicesimo. La scuola di Baur declinò dopo la partenza di Albrecht Ritschl (1822‑1889) e di Adolf von Harnack (1851‑1930). Una « scuola cattolica di Tubinga » emerse quando una facoltà cattolica di teologia vi si stabilì proveniete da Erlangen nel 1819. Il primo periodo annoverò personaggi importanti come Johann Sebastian Drey (1777‑1853), Johann Baptist Hirscher (1788‑1853), che andò a Friburgo nel 1837, e Johann Adam Möhler (1796‑1838). Nel secondo periodo della scuola cattolica di Tubinga incontriamo Johann Evangelist Kuhn (1806‑1887), Franz Anton Staudemeier (1800‑1856), che andò poi a Friburgo, e Karl Joseph Hefele (1809‑1893), il famoso storico dei concili e vescovo di Rottenburg. Un terzo periodo fu contraddistinto dall'insegnamento di Paul Schanz (1841‑1905), Franz Xaver Funk (1840‑1907), Karl Adam (1876‑1966) e Josef Rupert Geiselmann (1890‑1970). Mentre i programmi erano differenti, i temi comuni comprendevano il Regno di Dio, la tradizione dinamica, la Chiesa come organismo e lo studio critico della storia. Attraverso l'influsso di Johannes Michael Sailer (1751‑1832), questi teologi cattolici di Tubinga riuscirono a superare l'Illuminismo col « battezzarlo ». Dopo il Concilio Vaticano II, è difficile parlare ancora di « scuole » di Tubinga. Però tra i docenti famosi di Tubinga c'è da ricordare Joseph (poi Cardinale) Ratzinger (nato nel 1927), Hans Küng (nato nel 1928), e Walter Kasper (nato nel 1933), divenuto vescovo di Rottenburg. Tra i docenti protestanti famosi c'è da ricordare Gerhard Ebeling (nato nel 1912), Eberhard Jüngel (nato nel 1934), Ernst Käsemann (nato nel 1906) e Jürgen Moltmann (nato nel 1926). Cf Confessione di Augusta; Illuminismo; Scuole di teologia.